Un cambio deciso di sonorità ci attende per questa domenica conclusiva del Metalitalia.com Festival, dopo
la scorpacciata di Power et similia del sabato, il cosiddetto ‘giorno del Signore’ viene invece, da buoni
metallari, affidato ai sound di oscura matrice luciferina, una carrellata di band più o meno note, fino al
sublime crescendo finale coi maestri Candlemass, tempo al tempo…
Ad aprire ufficialmente il ‘rito’, tocca ai torinesi Nibiru, i quali, nonostante si esibiscano in un Live Club
semivuoto, mettono in mostra tutte le loro armi magneto/esoteriche, forti tanto di una presenza scenica
inquietante, quanto di un pachidermico sound a cavallo tra Drone e Sludge, estremi sì, ma decisamente con
un senso.
I Caronte, proprio come l’infernale traghettatore d’anime, ci trasportano nel loro viaggio tinteggiato di
rosso ed ammantato di pesantissimo Stoner, sebbene notevolmente più melodico di chi li ha preceduti sul
palco. Il quartetto parmigiano infatti, complici anche gli assoli di Tony Bones, risulta più fruibile anche per i
non avvezzi al genere, intrattenendo con sapienza i presenti che, timidamente, si riaffacciano nel locale,
trasfigurato in girone dantesco per l’occasione.
In un bill del genere non potevano certo mancare i Doomraiser, una delle formazioni più apprezzate, sia in
patria che all’estero, per quanto riguarda lo Stoner/Doom con connotazioni psichedeliche. Il quartetto del
chitarrista BJ, avvezzo com’è ai palchi, incita i fan e li sommerge di riff schiacciaossa, ottimamente
coadiuvati da quell’animale da palco soprannominato Cynar (‘Heavy Drunken Doom’ mica per niente!),
valore aggiunto di un gruppo che ha confermato, una volta di più, le proprie peculiarità. I romani ci
regalano anche delle anteprime del nuovo lavoro che, non dubitiamo, continuerà nella tradizione di
martello pneumatico auricolare!
Senza vergogna ammetto di non aver mai sentito nominare gli olandesi Dool, i quali, va detto, hanno il
compito arduo di staccare un po’ con i macigni sonori fin qui scagliati dallo stage del Metalitalia.com
Festival. Ryanne van Dorst, magnetica cantante/chitarrista del gruppo, nonostante un menefreghismo
pressoché assoluto del pubblico, riesce ad imporsi grazie alla carica melodica che contraddistingue il Dark
Metal (Rock?) dei suoi Dool. Senza dubbio non il sound più trascinante di questa terra ma, un buon
intermezzo, atto a rilassare mente e corpo prima dei botti finali, come l’accoppiata svedese che andrà a
chiudere il festival.
Purtroppo, dato che non di solo Metal vive l’uomo e che nemmeno forze e stomaco mi sorreggono, sono
costretto a prendermi una lunga pausa, per prepararmi al meglio per lo specialissimo duo
Tiamat/Candlemass che saluterà il festival.
I Tiamat riescono finalmente a riempire l’accogliente Live Club, con la promessa – comunque mantenuta! –
di riproporre per intero i due album simbolo non solo degli anni ’90 ma della carriera intera della band, sto
alludendo naturalmente a ‘Clouds’ e ‘Wildhoney’, per la gioia di grandi e piccini. Ad ogni modo, a fronte di
un manipolo di professionisti e a dei suoni assolutamente all’altezza della situazione, assistiamo alla
figuraccia fatta da quello che, a mio avviso, da troppi, è definito un ‘genio’, il Signor Johan Edlund
ovviamente. Che la sua timbrica non sia mai stato un connubio tra Dio e Midnight (esempi casuali, per
usare un eufemismo), ce l’aveva già ampiamente dimostrato, non permettendo ai Tiamat di elevarsi a
rango di ‘band del cuore’ del sottoscritto ma, trovo davvero inaccettabile presentarsi sul un palco da co-
headliner sembrando colto da improvvisa labirintite, per non dire di peggio. Se la prima parte, riservata a
‘Clouds’, procede tutto sommato quasi senza intoppi (se trascuriamo l’attacco sbagliato di ‘The Sleeping
Beauty’, un classico tra l’altro), è proprio con ‘Wildhoney’ che si manifestano i limiti, non solo vocali, di
Edlund… Spaesato, distratto e più che mai ‘parlante’ che cantante, riesce ad irritarmi per la sua assente
professionalità, al punto di farmi abbandonare il concerto anzitempo, meno male che la ferità verrà
risanata poco dopo dagli unici Candlemass.
Johan Längquist rientra nei Candlemass. Basterebbe questa semplice affermazione per descrivere al meglio
i miei sentimenti verso lo show al quale mi accingo ad assistere ma, compito arduo, cercherò di descrivere a
parole il concerto dei padri dell’Epic Doom. Premesse fondamentali, il penultimo singer ed assolutamente
degno di nota Mats Levén, è stato allontanato circa dieci giorni prima dello slot in questione (in puro Leif
Edling style!) ed il rientrante Längquist che ha marchiato a fuoco, trentadue anni or sono, il capolavoro
‘Epicus Doomicus Metallicus’, non era attivo col gruppo da almeno sette anni, dove ripropose il disco per
intero in sede live. Questo ci porta inevitabilmente a delle considerazioni, in verità rivelatisi marginali,
riguardo alla preparazione, durata qualche prova ed uno show in Norvegia, della quale i Candlemass hanno
potuto usufruire. Era, come vedremo, assolutamente illecito chiedere di più quindi ai capostipiti dell’Epic
Doom, per di più ancora orfani dal vivo del mastermind Edling e, con un singer ‘arrugginito’, almeno sulla
carta… Ma, vi prometto, vado al sodo, con ‘Marche Funebre’ in sottofondo, ecco l’ingresso del quintetto
delle meraviglie, incluso il professionista Per Wiberg (il quale completa il doppio turno iniziato coi Tiamat),
che attacca subito una indimenticabile ‘Crystal Ball’, sciogliendo qualsivoglia dubbio sulla resa vocale del
buon vecchio Längquist. Come infatti, rimanere impassibili quando, in rapida successione, tranne qualche
breve conciliabolo tra lo stesso Johan ed i due storici chitarristi ‘Mappe’ Björkman e ‘Lasse’ Johansson,
vengono lucidati rari diamanti quali ‘Demons Gate’, ‘Black Stone Wielder’, e ‘Under The Oak’, confermando
che, anche in assenza di preparazione, avere dei brani immortali e saperli riproporre fedelmente, basta e
avanza per assicurarsi l’ovazione del pubblico. Un piccolo assolo del solista Johansson, ci avvicina
all’ineffabile ‘A Sorcerer's Pledge’, punto più alto non solo del set targato Candlemass ma della due giorni
intera, almeno a mio parere. Otto minuti abbondanti di Musica nella quale scoprire la gamma completa del
C-Mass sound. Chiusura, tra il tripudio collettivo, manco a dirlo, con il cavallo di battaglia ‘Solitude’, song
più nota dell’intera discografia degli svedesi. Non siamo ancora sazi di tanto splendore sonoro ed ecco una
gradita sorpresa sul finale, la riproposizione di ‘Dark Reflections’, in origine brano dell’epoca di Messiah
(‘Tales Of Creation’), dove Längquist, messo a dura prova, si disimpegna con eleganza, complice l’evocativo
range vocale di cui dispone. Certo, lamentela di molti presenti, lo show risulta troppo corto per degli
headliner, un’ora stiracchiata, ma, come già ampiamente anticipato, era impossibile pretendere che, in
dieci giorni, i Nostri costruissero, con un cantante fermo al primo disco, una scaletta da novanta minuti.
Detto ciò, la qualità dell’oretta passata in compagnia dei Candlemass, ha un valore inestimabile per chi è
rimasto pietrificato al primo ascolto da ‘Epicus Doomicus Metallicus’, reputando, nel bene e nel male, il
combo svedese, come uno dei migliori dell’intero panorama metallico, confidando che, col ritorno nei
ranghi di Längquist, si possa ripartire, Leif incluso, col trend disco/tour che una band della loro caratura
merita a prescindere.
Chiudiamo quindi la cronaca del Metalitalia.com Festival, complimentandoci e ringraziando gli organizzatori
per aver costruito una doppietta sabato/domenica capace di reggere al confronto anche con altre realtà
straniere più blasonate, augurando loro di poter ripetersi ancora ed ancora, sempre nel segno della qualità
che li ha finora contraddistinti.
Report a cura di Alessio Aondio
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