Evento anomalo quello di questa sera, anomalo (in senso buono) perché le band che si stanno per divedere il palco del Live Club non possono vantare troppe affinità ma, con tutta probabilità, saranno facilmente apprezzate da buona parte dei presenti.
E si parte con i più “anzianotti” del trio, ovvero i veterani della NWOBHM Hell, tornati alle cronache nel 2011 con "Human Remains", una sorta di Best of di quanto fatto negli anni ’80, rimasterizzato e definito da molti giornalisti di settore una delle migliori uscite di quell’anno.
Una set list molto breve quella presentata da David Bower e co. ma che ha lasciato il segno, grazie alle innate doti teatrali del frontman e alla ben rodata macchina dei due guitar player Sneap/Bower. Se non fosse per il poco tempo a disposizione sembrerebbe quasi incredibile che si tratti degli opener. Così da "The Age go Nefarius" alla conclusiva "Save Us From Those Who Would Save Us" con un ritornello contagioso ma che sembra uno scioglilingua, il quintetto anglosassone scalda anche fin troppo la platea per le due band che verranno dopo di loro.
Dopo la reunion e un paio di concerti al Gods of Metal finalmente tornano in Italia i Carcassper promuovere la loro nuova fatica in studio “Surgical steel”, che personalmente trovo ottimo, ma che molte gente in rete non la pensa come me, forse perché quando ci sono nomi del genere spesso non si è mai contenti. Ma passiamo al concerto di stasera, purtroppo ha visto i nostri solo come gruppo spalla ai più quotati Amon Amarth (business docet…), quindi solo un 45 – 50 minuti a disposizione per la storica band inglese, che però sono bastati per dimostrare che i Carcass 2013 sono ancora in grandissima forma, a partire dai due nuovi inserti Daniel Wilding alla batteria e Ben Ash alla seconda chitarra che si sono comportati veramente egregiamente.
Come dicevo i Carcass sono stati autori di un ottimo concerto intenso e potente, con un sempre grandissimo Bill Steer alla sei corde e un Jeff Walker inizialmente non graffiante come avrebbe dovuto, ma che dopo un paio di pezzi, scaldato a dovere, ha ricominciato ad aggredire il microfono con la sua mitica timbrica acida e ruvida come carta vetrata, dei due nuovi componente, come detto sopra, integrati e bravissimi anche loro.
La scaletta ha visto protagoniste dal nuovo album “Cadaver Pouch Conveyor System”, “Captive Bolt Pistol” e “Unfit for Human Consumption” poi si è guardato solo al passato, tralasciando giustamente “Swangsong”. Sono state eseguite quindi “Genital Grinder”, “Exhume to Consume” (dove il buon Bill ha contribuito con il suo “grugnito”), “Incarnated Solvent Abuse”, “This Mortal Coil”, “Buried dreams” e che hanno scatenato il finimondo sotto il palco i classiconi “Corporal Jigsore Quandary” e la conclusiva (aperta con come intro una parte di “Ruptured in Purulence”) “Heartwork” che ha chiuso alla grande uno show che ci mostra una band ancora in grandissima forma, che per quel che mi riguarda è stata superiore ai pur bravi Amon Amarth, ma questa è anche una questione di gusti. Ora non ci resta che attendere un bel tour da headliner degli inglesi, anzi, dopo il concerto di stasera speriamo avvenga al più presto! (Max)
Dopo due ottime prove che ci si può aspettare dagli Amon Amarth ovvero i vichinghi più vichinghi che esistono in campo musicale?
L’ultimo “Deceiver Of The Gods” è senza dubbio un disco di tutto rispetto e le aspettative sono quindi molto alte. Certo siamo ben lontani da quei capolavori quali “The Avenger” o “Versus the World” e la mancanza di brani ripescati dalla vecchia discografia, eccezion fatta per “Death in Fire” ha lasciato un vuoto non indifferente.
Ma il mercato vuole che si promuova innanzitutto l’ultimo disco da cui spiccano ottime sin da subito “Father of the Wolf” e “Deceiver of the Gods”. Il mastodontico e barbuto Johan Hegg interagisce sin da subito col pubblico ingraziandosi le simpatie del gentil sesso nelle prime file…. a volte le mode cambiano in positivo così una volta le giovani fanciulle andavano pazze per gli Him ora stravedono per questi barbuti e rudi uomini del nord.
Eccezion fatta per la pancetta di Olavi Mikkonen troviamo una band davvero carica che, nonostante abbia già oltre 18 anni di attività 8 album e un EP alle spalle, non si adagia sugli allori ma, come tradizione norrena vuole, tiene sempre le armi lucide e pronte alla battaglia.
Il massacro musicale è un mix di guerra, violenza ed atmosfere epiche in linea col sound ed i temi delle canzoni. Troviamo le rune a far da sfondo alla drammatica “Runes To My Memory”, sfondi a tema con le varie canzoni, manca solo il drakkar che la band, per ovvi motivi di spazio, ha utilizzato in passate performance open air.
Nel mezzo della battaglia riconosciamo due ottime “Guardians Of Asgaard” e “Destroyer Of The Universe”.
Prima di rimettere in naftalina asce ed elmi c’è tempo, e ci mancava il contrario, per l’epicissima “Pursuit of Vikings” accolta da un boato di consensi, tutti la conoscono tutti la cantano, Johan e compagni divertiti si congedano con inchini saluti e foto di rito.
Per citare una famosa pubblicità se “vi piace vincere facile” con un concerto del genere non potevate rimanere delusi.
Report a cura di Paolo Manzi & Max Garlaschelli
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