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Metal Assault Festival III - 2/2/2013 - Posthalle - Würzburg (Germania)

Terza edizione del Metal Assault Festival al Posthalle di Würzburg, che può essere visto come un aperitivo invernale del longevo Keep It True, al solito programmato per aprile.

All’ora di pranzo, la grossa Halle è già gremita di scalpitanti Metalheads, pronti ad osannare gli SKELATOR, band da Seattle alla seconda calata germanica che, con il loro Heavy di stampo epico, getta benzina sul fuoco del M.A. Jason Houston e la sua ugola “Mutziana”, prendono di petto lo stage, coadiuvati dalla ciurma che, coi i suoi modi spicci e tracce quali “Birth Of Steel” o “Give Me Metal Or Give Me Death”, lasciano il segno, chi ben comincia…

Cambio di registro e spazio al Metal ultraclassico dei leoni di Belfast, gli STORMZONE ci dimostrano che pulizia e melodia, se sostenute da un robusto riffing, possono ancora colpire al segno, orecchie tese da parte dell’audience per questo act che vede protagonisti John Harbinson (voce) e David Bates (batteria), ex membri dei sottovalutati Sweet Savage. Promossi a pieni voti, grazie ad un gusto compositivo davvero lodevole!

Confesso spudoratamente di non essermi interessato più di tanto ai TRIAL svedesi, ennesima band che cavalca l’onda della rinnovata passione per i Mercyful Fate, unitamente ad un sentore Heavy ottantiano scandinavo, Gotham City su tutti, ma, ad onor del vero, senza spiccate qualità. Show ad ogni modo piacevole ed applausi anche per loro da parte di un pubblico che, contrariamente alla nostra mentalità critica (a volte azzeccata!), trova gli aspetti positivi in ogni situazione.

Di nuovo dall’altra parte dell’oceano con i POSSESSOR, gruppo Speed/Thrash anch’esso all’esordio con “City Built With Skulls” che, mi aveva lasciato favorevolmente impressionato per irruenza e coesione. Assolutamente il contrario sulle assi di un palco, ovvero, dalla prestazione odierna si salva solo lo screamer Robbie Rainey, capace di acuti “a tradimento”, che ben perpetrano la lezione di “Nasty” Ronnie e dei suoi Nasty Savage, omaggiati con “Metal Knights”. Per il resto tabula rasa, i cinque vestiti con dei paramenti da football americano (conditi con degli alti spuntoni metallici, stile WWF!), non riescono ad andare a tempo uno con l’altro, specialmente l’imbarazzante Soblotne dietro le pelli. Una decina di pezzi casinisti suonati da una masnada di casinari? Sì, potremo dire così, ciononostante, anche per loro la gente suda e scapoccia, probabilmente per paura di essere infilzata con le temibili “spikes” dei costumi di scena!

Si pigia ancor di più sull’acceleratore con gli svedesi ANTICHRIST, apprezzati fautori di un marcio Thrash alla tedesca, debitori delle partiture psicotiche dei primi Destruction o degli altrettanto schizzati Violent Force. Steken & Co., sembrano davvero usciti da un demo in cassetta degli 80’s, mancherebbe solo di vedere le fotocopie in bianco e nero e, anche se musicalmente non sono assolutamente nulla di trascendentale, precisione ed adrenalina non mancano, alzando il tiro con “Militia Of Death” e la conclusiva “Put To Death”, breve ma intenso, gli Antichrist non hanno certo sprecato il tempo a loro disposizione.

Primo Evento per il pubblico teutonico e non solo, concerto della JUTTA WEINHOLD BAND, ma incentrato sugli anni d’oro della sessantacinquenne (!) di Mainz, che riproporrà in questa sede, una combine del meglio tra Zed Yago e Velvet Viper, ovvero ciò che l’ha resa speciale nei cuori dei Metal Kids d’oltralpe. Anthemici mid tempos sagomati appositamente sulla ruvida voce di Jutta, quali “Zed Yago” stessa o “Black Bone Song”, ci dimostrano che il tempo non passa solo per la più famosa e biondissima Doro, ma anche per la mora Jutta, oggi paladina di casa! Ci saluta con “Rebel Ladies” per uno show speciale, basti vedere i sorrisi estatici dei più navigati, anagraficamente parlando, tra i presenti al festival.

Si fa sempre più seria la faccenda, e non c’è un minuto da perdere, perché è il momento degli ATTACKER, uno dei motivi per i quali non ho esitato a partecipare a questo appuntamento nel gelido febbraio tedesco. Il combo del New Jersey, capitanato da Mike Sabatini e Pat Marinelli, uscito di fresco col nuovo ed avvincente “Giants Of Canaan”, sfoggia l’ultimo acquisto alla line up, il borchiato singer Bobby “Leather Lungs” Lucas, ex di un sacco di ottime band US Metal, ottimo davvero anche il sede live. Scaletta bilanciata tra classici e nuovo produzioni, gli Attacker, pur non avendo mai riscosso i successi meritati, hanno davvero una marcia in più rispetto a ciò che di buono abbiamo già potuto osservare quest’oggi alla Posthalle. “Lords Of Thunder”, “Captives Of Babylon”, “(Call On) The Attacker”, o la recente “Steel Vengeance” non fanno prigionieri, grazie alla coppia d’asce Marinelli/Benetatos e gli acuti di Lucas, il quale sembra essere un veterano nella formazione. L’ottima acustica del locale di Würzburg aiuta la riuscita della prestazione, conclusasi con il cavallo di battaglia “The Hermit” tra un’ovazione generale, a testimonianza che la qualità, qualche volta, paga!

Ancor più particolare e di nicchia la prossima formazione, certamente più nota in Europa (Germania e Grecia su tutti!) che nella stessa terra natia, infatti i californiani BROCAS HELM, raccolgono molti consensi ogni qual volta compiono un viaggio intercontinentale. La stabile formazione di Frisco, col baffuto bassista Jim Schumacher in primo piano, fautrice di una sorta di Epic Metal forte debitore dei Thin Lizzy, è la classica band da amare o odiare e, a giudicare dalla ressa davanti allo stage, è senza dubbio la prima emozione a prevalere nel palazzetto. “Black Death”, “Fly High” e altre chicche si susseguono per la gioia dei fans, i quali non si curano affatto della prestazione sottotono ed in alcuni casi addirittura raffazzonata del non più giovane trio, soprattutto del cantante/chitarrista Bobbie Wright, il quale, non è mai stato un funambolo. Ad ogni buon conto, l’onestà artistica e la perseveranza dei Brocas Helm è sotto gli occhi di tutti, così come una serata storta può capitare a tutti, senza per questo essere bollati come “finiti”. Con gli encores finali di “Cry Of The Banshee”, che proprio non voleva uscire dagli strumenti (devono infatti ricominciarla da capo!) e “Skullfucker” ci salutano, per quella che di certo non sarà l’ultima visita nel Vecchio Continente.

Altro giro e altra corsa e, lasciatemi dire, tutt’altro impatto, salgono sul palco i RAVEN, esempio di stoicità e forza di volontà raro e per questo ancor più acclamato. Il terzetto composto dai fratelli Gallagher (quelli veri!) e dal fido Joe “The Godfather Of Doom” Hasselvander, al solito efficace e terremotante, si rivela co-headliner indovinato per scatenare l’headbanging ed i pugni al cielo, con le schegge ritmate di “Take Control”, “Live At The Inferno”, “All For One”, un-due-tre che stenderebbe anche un elefante! La vecchiaia avanza, ma la perizia e la botta dei colossi da Newcastle non viene meno, bastino le esecuzioni al fulmicotone di “Faster Than The Speed Of Light” o ancora “Speed Of The Reflex” come garanzia ad imperitura memoria. Mobili, sudati e caciaroni, sanno ancora come mettere sottosopra una venue e noi, ribaltati e felici, ci godiamo anche qualche momento corale con la bistrattata “On And On”, scivolando verso il medley finale, che vede “Break The Chains” mischiarsi con pezzi dei Sabbath e dei Priest, tanto per mettere in chiaro che i gusti di John, Mark e Joe non sono cambiati! La perfetta miscela di N.W.O.B.H.M. e Speed inventata dai Raven sa ancora come far ruggire il motore, stremandoci ma facendoci ancora scorticare le mani per salutarli…

A pensare che sia finita qui, i bilanci sarebbero già positivi ma, come si suol dire, “The best is yet to come…”.

Quel che ci aspetta prima di andare a letto, sono ben tre ore, non paglia, di MANILLA ROAD, in uno show unico, che vedrà l’esecuzione per intero di due tra gli album più amati degli Epic Kings di Wichita, nello specifico “Crystal Logic” (con la partecipazione del drummer dell’epoca, Rick Fisher) e “Open The Gates”, unitamente ad altri brani a discrezione del gruppo, giusto per non farci mancare proprio nulla!
Pronti-via con “Necropolis” allora, in rigorosa osservazione della tracklist originale, il Metal Assault III esplode, regalandoci altre emozioni non tramutabili in adeguate parole, oltre che ad una band ancora in forma smagliante. L’unica sei corde di Mark “The Shark” Shelton, sciorina riff e soli come solo lei sa fare, un trademark che, unito alle sue vocals nasali, naturalmente affiancate e sostituite per la maggior parte da Bryan “Hellroadie” Patrick, bollano come imperdibile ciò che sta avvenendo sotto i nostri attoniti occhi. “Crystal Logic”, “The Riddle Master”, “The Veils Of Negative Existence” e la conclusiva e struggente “Dreams Of Eschaton”, lasciano nell’aria una miscela sognante di adrenalina pura nei convenuti, I quali non si sono lasciati sfuggire nemmeno una sillaba, cantando a squarciagola ogni verso. Applausi anche al redivivo Fisher, il quale non sembra aver perso il suo classico tocco con le bacchette in mano.
E questo, signori, è solo l’inizio, infatti, prende possesso del drum kit l’attuale e legittimo proprietario, Andreas “Neudi” Neuderth, una vera e propria macchina da guerra, debitrice della lezione di Randy “Thrasher” Foxe, e per questo scelta obbligata per occupare una posizione tanto basilare nel Manilla sound.
Dopo un’intro registrata, deflagra “Metalstorm”, per una seconda parte di show intensa tanto quanto la prima, con un Shelton che continua il suo lavoro di maniscalco in perfetta sintonia con i suoi compagni d’arme, il bassista Joshua Castillo compreso, il quale riempie a dovere le intricate trame dell’album “Open The Gates”. Come non restare a bocca aperta dinanzi alle perfette esecuzioni di “Astronomica”, “Heavy Metal To The World”, “Road Of Kings” e “Witches Brew” tanto per dirne alcune, un tassello alla volta per una serata realmente indimenticabile.
Come se non fosse abbastanza, dopo un’altra pausa, ecco la parte “best of” dello show, all’avvio con “Mystification”, toccante composizione della quale non si riesce a fare a meno, seguita da “Divine Victim” e le più che trentennali “Queen Of The Black Coast” e “Cage Of Mirrors”, quest’ultima catalizzatrice per chiunque abbia solo l’idea di strimpellare una chitarra. C’è anche il tempo di una gradita ospitata dietro al microfono, infatti Hellroadie duetta con Marta Gabriel dei Crystal Viper sull’inno “Flaming Metal System” che innalza di nuovo a picco l’esaltazione generale.
Non sfigurano affatto nemmeno le ultime composizioni quali “The Grey God Passes” e “Stand Your Ground”, tratte dall’appena rilasciato “Mysterium”, prima del trittico finale, composto da “Masque Of The Red Death”, “Death By The Hammer” e “Hammer Of The Witches”, che pongono fine ad una monumentale set list, difficilmente riproponibile e per questa ragione ancor più preziosa, lunga vita ai Manilla Road da Wichita, Kansas, i quali, in barba a trentacinque anni di trends, sono ancora qui a farci sognare, vincendo la loro eterea battaglia, “Up The Hammers & Down The Nails” come suol dire lo Squalo stesso!

Una gran bella giornata che ha visto generi diversi (ma comunque legati all’ Heavy più tradizionale) confrontarsi, ce n’era per tutti i gusti, infatti le circa seicento unità presenti al terzo capitolo del Metal Assault Festival non possono essere certo insoddisfatte di questa stremante ma assolutamente doverosa giornata, aspettiamo con ansia il bill dell’anno prossimo, auf wiedersehen Würzburg!


Report a cura di Alessio Aondio

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