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Hellfest Open Air - Day 1 - 6/19/2009 - *** - Clisson (FR)

Hellfest Open Air (19-20-21/06/2009) Clisson – Francia

Siamo giunti alla quarta edizione dell’Hellfest Open Air, festival che anno dopo anno richiama alla sua attenzione sempre più metelheads provenienti da tutta Europa e addirittura da tutto il mondo, vista la sua varietà e l’elevato di band presenti. Quest anno gli organizzatori hanno voluto decisamente esagerare, regalandoci più di 100 band suddivise in quattro palchi, dando libero spazio sia alla scena commerciale che a quella underground, sono infatti state chiamate band di altissimo calibro quali Manowar, Motley Crue, Marilyn Manson, Heaven And Hell e tanti altri, ed altre ancora che in Europa si vedono molto raramente, è il caso di Pig Destroyer , Aura Noir, Cathedral e tanti altri. Insomma una vera e propria festa all’insegna del metallo (e non solo), il tutto a un prezzo ragionevole e con una qualità organizzativa rara da vedere, innumerevoli stand gastronomici, signing session, un enorme metal market e tanto altro ancora. Degna di nota è anche l’ottima location, situata a Clisson, un paesino gotico della Loira dove il tempo sembra essersi fermato a qualche secolo fa.
Arriviamo al festival giovedì 18, qui si verifica l’unica pecca a livello organizzativo, ben due ore di attesa per ottenere i biglietti prenotati della nostra comitiva, pazienza! Poco dopo entriamo in zona campeggio e subito ci dimentichiamo dell’incidente, centinaia di fratelli del metallo sono gia appostati e pronti a godersi questi tre giorni di vera goduria per le orecchie, allietati da un tempo sempre soleggiato ma con temperature decisamente moderate, cosa che ha reso molto confortabile la permanenza. Una cena alla buona, una tranquilla seratina di riscaldamento al Metal Corner, una bella dormita e ci svegliamo col sorriso stampato, direzione entrata della zona concerti, le croci giganti dell’Hellfest ci danno il benvenuto!!


Venerdì 19/06/2009

Dopo un giro con tanto di primi acquisti al metal market ci dirigiamo sotto il Mainstage 1 (per la giornata denominato Crue Fest stage) per assistere all’esibizione delle Girlschool, band oramai conosciuta da tutti grazie alla presenza nel gruppo di sole donne e tutte con una certa età. Ma nella botte vecchia c’è il vino buono, infatti le nostre sfornano una prestazione non di certo esaltante, ma comunque energica e decisa, un ottimo modo per aprire la giornata all’insegna del rock’n’roll.
Poco dopo la loro esibizione ci spostiamo invece alla Rock Hard tent, dove cambiamo completamente pubblico e genere, a suonare ci sono infatti i norvegesi Taake, capitanati dal tanto discusso ed estroverso Hoest. Lo show risulta piuttosto piacevole, l’unica pecca è il volume della voce del cantante, decisamente bassa e a livello di forma piuttosto scarna. Nonostante questo la band riesce comunque a convincere, attingendo brani dall’ultimo omonimo album e i soliti classici immancabili, veri e propri inni per il vero norway black metal.
Purtroppo vista la cancellazione dell’esibizione degli attesissimi Pentagram ci dedichiamo ad altro, qualche compera e poi via verso la signing session dei Samael per qualche foto e autografo, questione di minuti e gli stessi svizzeri salgono sul palco della Rock Hard tent pronti per il proprio concerto. La formazione capitanata dal disponibilissimo Vorph è in forma, si parte a raffica con un paio di estratti dall’ultimo “Above” per poi saltellare qua e la tra la loro discografia, tra le più riuscite citiamo “The Ones Who Came Bifore” e “Slavocracy”, arricchite anche dalla presenza sul palco di un paio di danzatrici gotiche molto gradite dal pubblico. Un buon concerto dunque dove i Samael hanno divertito e si sono divertiti, non risentendo minimamente dell’assenza della batteria, cosa da molti vista in maniera negativa.
Cambiamo ancora genere spostandoci sul Mainstage 2, dove stanno per entrare in scena Blackie Lawless e i suoi W.A.S.P.. Solitamente siamo abituati a vedere il palco dei californiani fornito di un’adeguata scenografia, questa volta invece si è optato per uno show più diretto, più rockeggiante, a iniziare dall’abbigliamento texano del frontman, un tantino soprappeso ma comunque in grandiosa forma. La setlist è perfetta, classici su classici, si parte con le combinate “On Your Knees/ Inside The Electric Circus” per poi passare ad altri monumenti come “Mourder In The New Morgue”, “LOVE Machine”, “Wild Child” (cantata a squarciagola dai presenti) e la conclusiva e immancabile “Blind In Texas”, solo un estratto dall’ultimo “Dominator”. La band è chiaramente in un ottimo momento, soprattutto Blackie e Doug Blair, quest ultimo autore di fantastici assoli a volte lunghi anche qualche minuto, strepitosi!
Il concerto dei Down viene misteriosamente sovrapposto, anche se solo per poco tempo, a quello della band di Los Angeles, cosa non gradita da Blackie, e non gli si può dare torto! Fatto sta che Phil Anselmo e soci sono gia li, pronti a portare una ventata di stoner a tutti i presenti. L’esibizione si rivela una delle più energiche e riuscite dell’intero festival, tutti i componenti sono in forma smagliante e trovare una pecca in questa oretta sarebbe impossibile. Cantate da tutti i presenti, le grandiose “N.O.D.”, “Lifer” e “New Orlease Is A Dying Whore” sono tra i pezzi più trascinanti, anche se a mio parere l’apice si è tenuto con “Stone The Crow”, leggera, poetica ma comunque con un impatto live veramente unico, se poi ci metti al microfono uno come Phil non puoi che ottenere risultato stupefacente. A chiudere ci pensa la solita “Bury Me In Smoke”, portandosi dietro a sé parecchie migliaia di teste oscillanti. I Down sono una band che sta sicuramente meritando il successo che raccoglie, i fan si stanno moltiplicando e ciò fa ben sperare sul futuro di questa strepitosa musica.
Dopo dei lunghi e affettuosi saluti, Anselmo lascia il palco per lasciare spazio sul Mainstage 2 ad un'altra band attesissima e in super forma, gli Anthrax. Chi dice che con il nuovo cantante sono morti parla al vento, è proprio in gran parte merito di Dan Nelson se gli inventori del mosh portano sul palco un’esibizione frizzante e potente, che parte a mille con “Indians” e “Got The Time?”, creando fin da subito potenti mosh pit devastanti. Si continua con la cantatissima “Madhouse”, che non risparmia praticamente nessuno dal mosh, così come l’ottima “Antisocial”, fino ad arrivare alla chiusura con l’immancabile “I Am The Law”, che decreta il termine di un concerto grandioso, come gia detto caratterizzato dal buon Dan e dalla prova generale di tutti i componenti ben più che buona.
Bisognerebbe mettergli i tappeti rossi sul palco prima che entrino, sono in arrivo i Black Sabbath, pardon gli Heaven And Hell, leggende viventi che avrebbero sicuramente meritato di più il ruolo da headliner, ma pazienza, la loro presenza è gia qualcosa di stupefacente. Accompagnati da una scenografia da chiesa, i padri del nostro genere preferito fanno capolino sul palco accompagnati dalle note rockeggianti di “The Mob Rules”. La in mezzo al palco c’è un uomo che potrebbe essere tranquillamente il nonno di gran parte dei presenti, eppure è lì, si regge in piedi e emana energia da tutti i pori, sforna prestazioni vocali che a quell’età sarebbero impensabili, è qua il caso della poetica “Children Of The Sea” o della nuova “Bible Black”, estratta assieme a “Fear” dal nuovo album. Altro grande protagonista dello show è il mitico Butler, i suoi giri di basso sovrastavano quelli di chitarra di Iommi, e a parere mio, con lui così ispirato è stato un suicidio non suonare “Ledy Evil”, ma pazienza, ci ha pensato l’accoppiata “Faling Of The Edge OF The World” e “Die Young” a far respirare ai presenti la buona aria degli ’80, senza poi dimenticarci l’intramontabile “Heaven And Hell”, eseguita in versione prolungata e cantata a squarciagola da ogni singolo spettatore, pena fare da roadie agli Slipknot! A fine esibizione rimane un leggero amaro in bocca per l’assenza dalla setlist di “Neon Knights” e per la posizione non da headliner della band, ma va bene così, i padri del metal hanno suonato per noi e questo basta e avanza. LOOK OUT!
Piccola pausa da tutte queste band rifilate una dietro l’altra e ci vediamo in sordina l’esibizione dei Saint Vitus dalle retrovie con una buona birra, la band manca sui palchi da diversi anni e questo purtroppo si vede, ma lo spettacolo risulta comunque piuttosto appassionante per i fan del doom, genere che in questa edizione dell’Hellfest ha avuto decisamente largo spazio, e se lo merita anche.
Alla una in punto salgono sul palco i Motley Crue, headliner della giornata e massima delusione di questo festival, anche per i fan della band. Personalmente non ho mai apprezzato molto questo gruppo, ero incuriosito a vederlo per poter magari rifarmi un’idea, invece al contrario mi sono ancora più convinto che siano dei musicisti estremamente sopravvalutati e diventati famosi solo per l’attitudine estroversa che li ha sempre accompagnati. Dopo un inizio tutto sommato decente lo show và via via calando, a incominciare dal frontman Vince Neil, oramai privo di voce e di voglia di fare bene, per poi proseguire con Tommy Lee, solito egocentrico che anche questa sera se ne è uscito coi suoi monologhi infiniti. In totale hanno fatto un’ora e 20 minuti di concerto, di cui una buona fetta di dialogo più che di musica, ma poi non dovevano suonare tutto “Dr. Felgood”? mah, misteri di questi “grandi” artisti.
Esco dalla zona concerto stizzito dall’esibizione appena vista, ma felice per aver assistito a tanti altri show spettacolari e indimenticabili, una bella dormita e pronti per la giornata di sabato.

Setlist Motley Crue:
01)Kickstart My Heart
02) Wild Side
03) Saints Of Los Angeles
04) Solo Mick (Voodoo Chile)
05) Live Wire
06) Tommy Talk
07) Motherfucker Of The Year
08) S.O.S.
09) Primal Scream
10) Looks That Kill
11) Girls, Girls, Girls
12) Dr. Feelgood.
13) Home Sweet Home


Report a cura di Thomas Ciapponi

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