Interessante questo Full of Hate Festival mini festival itinerante, cosa ormai divenuta una sorta di moda, che unisce bands dal background differente ma con lo stesso comune denominatore cioè il metal estremo.
Nel corso della serata potremmo ammirare l'oscuro black metal dei norvegesi Keep of Kalessin passando per il tharsh quadrato e monocorda dei Legion of the Damned per giungere al death dei maestri Obituary. Piatto forte ovviamente sono gli headliern Amon Amarth ed il loro viking death.
Procedendo con ordine, tocca ai Keep of Kalessin aprire la serata, un black metal all'avanguardia Ë la proposta della band che intreccia abilmente passaggi classici del genere lasciando spazio ad ampie parti melodiche.
Buona l'esibizione che punta molto sull'ultimo "Kolossus" ma anche sul penultimo "Armada" dimostrando la validità dei brani anche in sede live.
Qualche problema audio mina la buona riuscita dello show, ma il quartetto riesce a coprire la mancanza tenendo il palco in maniera egregia. Ottima prova!
Pochi minuti per riallestire lo stage ed ecco i Legion of the Damned fare la loro comparsa.
L'esibizione dei quattro olandesi risulta sin da subito statica e poco incisiva, complici canzoni troppo simili tra loro; una completa mancanza di interazione col pubblico rende il tutto ancor più pesante e solo i fans più accaniti si fanno sentire durante lo show.
Resta da segnalare comunque una buona prova su "Legion of the Damned" certo non sufficiente a soddisfare i palati pi˘ esigenti.
Per questi ci pensano John, Donald Tardy e compari ovvero gli Obituary a dare uno scossone a tutto l'Estragon con il loro death metal.
Trevor Peres in forma come sempre sforna riff taglienti e graffianti, siamo di fronte ad una delle band leggenda in ambito estremo e certo questo non si fatica a sentire nonostante un audio non del tutto ottimale.
Non si punta più di tanto sull'ultimo "Xecutioner's Return" da cui va comunque segnalata un'ottima "Evil Ways".
Si gioca invece proponendo una serie di vecchi cavalli di battaglia quali "Final Thoughts", "Kill For Me", "Cause Of Death" o "Slowly We Rot".
Ottima anche la cover dei Celtic Frost, "Dethroned Emperor" che chiude un cerchio di quasi un'ora di spettacolo caratterizzato da pochi intermezzi, un'interazione quasi nulla ma tanta tanta buona musica!
L'ultimo cambio palco si rivela leggermente più lungo dei precedenti, il tempo necessario per liberare la batteria di Fredrik Andersson che sale on stage precedendo i compagni sulle note dell'ormai classica rivisitazione in chiave acustica di Amon Amarth che, ahimé, nemmeno questa volta avremo la fortuna di sentire per intero.
Si parte invece con una possente "Twilight of the Thunder God" eseguita dal mastodontico Johan Hegg in maniera impeccabile. E' chiaro sin da subito che in biondo vichingo non solo è in forma smagliante ma ha anche recuperato un buon uso dello scream sebbene la punta di diamante della sua ugola resti ancora il gutturale e cavernoso growl.
Anche la coppia Mikkonen-Soderberg Ë decisamente in forma macinando in maniera perfetta i famosi riff coordinati che hanno reso unico ed inconfondibile il sound degli Amon Amarth.
La prima parte dello show è tutta incentrata sugli ultimi tre dischi proponendo la martellante "Asator" passando per "Varygas of Miklagaard", "Fate of Norns", "Tattered Banners and Bloody Flags" e "Guadian of Asgard".
Per fortuna non vengono del tutto tralasciati i vecchi lavori con "Ride for Vengeance" e l'epicissima "Victorious March".
E' "Pursuit of Vikings" che manda tutti a casa, una cavalcata vichinga eseguita senza l'ombra di un errore.
Uno show senza macchia, senza paura, in alto i corni e brindiamo agli Amon Amarth che anche questa volta hanno fatto centro!
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Report a cura di Paolo Manzi
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