L’atmosfera milanese quest'oggi è molto calda, sia dalla torrida che temperatura trasforma una fredda giornata invernale in una altrettanto calda e estiva, sia dalla voglia di godersi uno spettacolo all’insegna del metal tricolore, e scusate se è poco , quest oggi avremmo al nostro cospetto ben 13 band dagli emergenti Raw Visions e DGM alle leggende del nostro paese quali Death SS e Strana Officina e tanti altri ancora tutti riuniti all’ Alcatraz per farci passare ben 12 ore di fottuto metallo tricolore.
La nostra giornata purtroppo inizia solo alle 13:15 perdendoci così qualche gruppo tra i quali i fortunatissimi Macbeth forti del loro ultimo lavoro Superangelic Hate Bringers che ha riscosso un buon successo tra i fans del genere, già a quell’ora infatti il locale era abbastanza affollato e subito dopo il mio arrivo faccio in tempo a trovarmi un posto tranquillo nelle retrovie per godermi lo spettacolo dei casalinghi Node capitanati da Daniel Botti, grandissimo chitarrista e vocalist di stampo death metal che da subito dimostra di essere entusiasta di essere presente con la sua band sul palco dell’Italian Gods Of Metal.
Il quartetto sprigiona fin dalle prime battute una grandissima potenza e dei suoni davvero ottimi che non mi sarei mai aspettato, la risposta del pubblico non poteva essere che delle migliori infatti gli applausi e le corna al cielo non mancavano e presumibilmente è questo che ha caricato la band, che incitata dal caloroso pubblico ha sfoderato il meglio del loro repertorio usande anche come asso di picche la presenza di Trevor dei Sadist nei panni di special guest vocas che ha mandato letteralmente in visibilio la folla. Un’esibizione a dir poco stupenda che ha soddisfatto a pieno le mie aspettative su di loro non avendoli mai visti in sede live.
Cambio band e cambio palco, già perché una caratteristica di quest anno è appunto l’alternanza tra i due palchi, il Club Stage e l’Hall stage, ed è proprio su quest'ultimo che si preparano per la loro esibizione i Necrodeath gruppo storico genovese famoso per la loro particolare malvagità e potenza che vede generi come il black, il thrash e il death metal miscelarsi tra di loro per un risultato davvero accattivante.
Il loro ultimo album in studio “Draculea” devo dire che non mi ha impressionato molto nonostante le buone vendite, questa è l’occasione buona che hanno per dimostrare al pubblico di non essersi rammolliti e di non aver dimenticato il loro passato scolpito come capolavori dal calibro di “Into the Macabre” e “Fragments of Insanity”.
La loro esibizione inizia con una non soddisfacente “Draculea” che mette in evidenza i grossi problemi audio che andranno a caratterizzare tutto il loro concerto, dai continui salti di suono alla batteria poco rumorosa e a peggiorare il tutto ci si mette la voce non brillantissima di un Flegias probabilmente fuori forma.
Il tempo a loro disposizione è davvero poco e dopo le due estrette da “100 % hell” ovvero Forever Slaves e “Master of Morphine” e dopo ancora la leggendaria “Mater Tenebrarum” si và sul finale con “Smell Of Blood”, il tutto per attrarre una forte delusione dalla pessima prestazione generale ampliata anche dagli assoli inadeguati del nuovo chitarrista Max. Uno show da dimenticare per la band e una grande occasione sprecata. Davvero un peccato. (Thomas)
Si torna sul palco "B" per assistere allo show dei bolzanini Graveworm. Da tempo la band manca dai palchi italiani, se non per esibizioni in Trentino, e la carica e la voglia che trasudano è invidiabile. Il singer Stefano Fiori è come sempre sugli scudi e sfodera una prestazione ad altissimi livelli, il resto della band invece risulta leggermente oscurata dai suoni eccesivamente elevati della tastiera della bella Sabine Mair. Nel complesso comunque l'irruenza e i tentativi di conquista del pubblico meneghino hanno il sopravvento sui piccoli problemi audio e il combo altoatesino lascia il palco tra gli applausi dopo 40 minuti di set.
Breve pausa ed è il momento del power metal, genere che personalmente apprezzo poco. Sul main stage salgono i Vision Divine di Michele Luppi, che freschi del festeggiamento per i 10 anni di carriera, hanno grande interesse a ben figurare anche all'Italian Gods of Metal, e ci riescono appieno. Non era il primo live dei Vision Divine a cui assistevo e le altre volte mi ero sonoramente stufato, questa volta no, anche se la scaletta (a sentire il vociferare dei fans) non è stata delle migliori. Ottimi suoni, tra i migliori di giornata, hanno supportato tutto il concerto il grande lavoro chitarristico di Olaf Thorsen, apparso molto divertito e compiaciuto, la precisione e potenza di Alessandro "Bix" Bissa dietro alle pelli e la spettacolare prova vocale di Michele Luppi. Senza dubbio tra i migliori dell'intero festival.
Ancora power metal con i toscani Domine. Dopo la tipica intro la band di Morby attacca con "The Hurricane Master", ma fin da subito, putroppo, il quintetto appare piuttosto fiacco, fose anche a causa dei volumi piuttosto bassi. Il pubblico però pare non accorgersi a canta a squarciagola tutte le song in scaletta, "The Messanger", "The Aquilonia Suite" fino alla chiusura affidata alla leggendaria "Defenders" passando per "Thunderstorm" e "Dragonlord". Inutile dire che i Domine, volente o nolente, sono una delle band più amate della scena italiana, e il calore riservatogli oggi, nonostante lo show non sia stato dei migliori, lo dimostra ampiamente.
Nell'attesa degli Extrema all'Alcatraz risuona "Valthellina", il nuovo grande album degli SNP, e lo stesso GL si presenterà on stage con la maglia della band valtellinese. Parlando degli Extrema ci sono, da sempre, due grandi correnti, chi li ama e chi li odia, etichettandoli come dei "sosia" dei Pantera. Bene, sul palco dell'Italian Gods of Metal, tutti i dubbi sono fugati, un tarantolato GL Perotti ha riempito di adrenalina i suoi tre compagni e il concerto è stato di grandissima intensità, tanto che personalmente ho trovato gli Extrema la band più in forma dell'intero fest. I pezzi eseguiti non sto a citarveli, perchè sono i cavalli di battaglia del combo milanese, tutti presenti su "Raisin' Hell With Friends", il live album pubblicato neppure un anno fa. (Dimitri)
Altro gruppo genovese della serata, stiamo parlando dei quotatissimi Sadist, che arrivano a testa alta dopo un’annata davvero strepitosa d’apprima con l’uscita del loro omonimo album che ha riscosso un enorme successo in Italia tra gli amanti del death e non solo, poi a seguire con le innumerevoli presenze importanti sui palchi tra cui a Roma in compagnia di Iron Maiden e Motorhead , al nostrano Gods Of Metal il 30 giugno e anche al prestigiosissimo Metal Camp il Slovenia.
I nostri capitanati da Trevor si presentano sul palco dell’alcatraz in ottima forma partendo subito alla grande con estratti dei loro vecchi lavori che lasciano spazio soprattutto alle orecchie dei presenti mettendo in secondo piano inutili poghi fuori luogo. L’ascolto si dimostra davvero piacevole dovuto anche all’ottimo impianto del locale e dagli ottimi suoni proposti dalla band che vede un Tommy davvero in ottima forma nell’alternanza di chitarra e tastiere, cosa che pochi musicisti al giorno d’oggi sanno fare in maniera cosi naturale e maestosa. Si va avanti fino allo sfogo di Trevor sull’odio che prova per Babbo Natale introducendo cosi una “Christmas Beat” eseguita davvero perfettamente dove il frontman mette tutto se stesso regalandoci attimi di collera e potenza a tal punto da doversi cambiare maglietta regalandoci uno streep tease da 10 e lode. Il gran finale arriva con uno dei più bei pezzi che a parer mio la band abbia mai composto, sto parlando di “Tearing Away” anch essa proposta in modo ottimo che và a chiudere cosi uno show davvero bello sia da sentire che da vedere, d’altronde i Sadist non deludono mai, rimanendo ormai da 20 anni un sinonimo di bravura e impegno sia in sede live che nelle loro composizioni in studio. (Thomas)
Dopo la reunion per il Gods Of Metal 2006, gli Strana Officina sembrano averci preso gusto, ed ecco che li troviamo ancora qui, vivi, carichi e forse più in forma che mai. Daniele "Bud" Ancillotti è un frontman mastodontico, Enzo Mascolo al basso esce dal suo timido ruolo andato alla ricerca del contatto col pubblico e i fratelli Cappanera sono superlativi, Rolando dietro alla sua batteria e Dario con la sua ormai inseparabile chitarra. Siamo in un festival e putroppo il concerto ha una durata eccessivamente limitata per una band rinata e con una grandissima voglia di suonare. Fin dai primi pezzi il pubblico accompagna Bud sui ritornelli e così accade, addirittura, anche per qualcuno dei fotografi nel pit! Uno show ricco e inteso che, sono sicuro, ha conquistato anche i metallari più "estremisti" presenti. (Dimitri)
“Ciao bastardi!!”
Così si presenta sul palco l’attesissimo Pino Scotto, forte del suo nuovo progetto solista, assieme ai FireTrails.
Il gruppo parte non troppo brillantemente con dei problemi vocali molto evidenti, dalle prime file infatti si sentiva poco o nulla per non parlare della batteria legata anch’essa ai medesimi problemi che rovinano a malincuore “ThirdMoon” e la seguente “Spaces And Sleeping Stones”.
Sulle note di “Fighter” i problemi sembrano essersi in parte risolti ma nonostante la forte motivazione di Pino , la sua prestazione non è certo una delle migliori e tra un battuta e l’altra e dei cori pressoché inutili sulla sua figura sia televisiva che musicale arriviamo a una serie di vecchi brani marchiati Vanadium ovvero “Streets Of Ranger”, “Get Up Shake Up”, e le ottime “Too Young To Die” e “Run Too Fast”.
Sul finale la band risente i colpi dell’età oramai non più rosea chiudendo però bene la loro esibizione con una discreta “Silent Herpes” e l’immancabile cover questa volta dei Deep Purple, ovvero la famosissima “Highway Star” in cui Pino mette tutto se stesso riuscendo a dare la sufficienza al loro show non troppo brillante e scatenando un pogo conclusivo a perer mio immotivato.(Thomas)
Alle dieci in punto è il turno degli "innominabili", i leggendari Death SS, per quello che potrebbe essere stato l'ultimo loro concerto in terra italica. Il concerto si preannuncia antologico e così sarà in tutto e per tutto, dalle scenografie, agli abiti di scena, passando per la setlist e giungendo al ritorno alla formazione a due chitarre con gli ingressi nella band di Al De Noble e Francis Thorn. L'ingresso è vampiresco, Steve viene portato on stage dentro una bara rossa e con un botto sonoro e fulmineo si presenta dietro al microfono senza che nessuno si renda conto di nulla e lo show è iniziato.
La setlist pesca a piene mani dai primi lavori della band, privilegiando però canzoni mai suonate dal vivo, infatti il pubblico pur entusiasta fatica ad accompagnare Steve Sylvester durante i cori. Gli ingressi a più riprese di Dhalila, a volte accompagnata da altre avvenenti performers, riscaldano gli animi anche dei più "cotti" dopo questa estenuante giornata. Lo spettacolo è di grande intensità i primi 60 minuti, poi la band soffre un leggero calo ed insieme iniziano anche alcuni problemi con le immagini d'accompagnamento che passano sui maxischermi. Ma questo è nulla in confronto alla capacità di Steve di conquistare ed ammaliare i suoi fans senza bisogno di dire una sola parola, con il suo solo sguardo. Sulle note di "Let The Sabbath Begin", termina la prima parte di concerto, e vista l'ora (le 23.15) temevo fosse la fine definitiva, ma invece il combo fiorentino di ripresenta on stage per un'altra mezz'ora di esibizione, che si concluderà con il rituale orgiastico dopo le classicissime "Heavy Demons" e "Black Mass". Putroppo pensare che questo possa essere stato l'ultimo live dei Death SS mette un velo di tristezza sul ritorno a casa, perchè questa band è il vero gioiello del panorama metal italiano. (Dimitri)
FOTO:
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Report a cura di Thomas Ciapponi e Dimitri Borellini
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