Visto che il più grande festival metal del mondo si svolge "solo" a circa un migliaio di km da qua, poteva Holymetal non partecipare? Ovvio che no, e dunque eccoci qua con una troupe di ben tre inviati, che dopo il viaggio più metal dell'anno, ormai a sera inoltrata, guarda la sterminata distesa adibita a campeggio (o campo di sopravvivenza).
La prima giornata (dalle 22,30 alle 05,30) serve per ambientarsi tra gente vestita da Babbo Natale, bavaresi dementi, francesi sbronzi (nel senso di più sbronzi della media, ma con ancora abbastanza facoltà per scassare le scatole), italiani che pullulano come i giapponesi a Venezia (alcuni dei quali si sono pure cimentati nella costruzione di un asta per una bandiera utilizzando gli stecchi degli spiedini), gente sperduta che ha visto troppe volte Cime Tempestose, ma che invece di cercare nel nulla Cathy è alla ricerca affannosa di Fabian e chi, avendo smarrito la propria tenda si accoccola in quella che per prima attira la sua attenzione. Come dimenticare poi quei simpaticoni in giro a torso nudo alle sei del mattino bevendo birre dell'amicizia? (Chiaramente nessuno di questi fatti è un esempio arbitrario).
Insomma si fa presto a capire che il Wacken non è proprio un festival, ma piuttosto un fenomeno socio-antropologico di massa che con gli anni ha intaccato pure le menti dei nativi del posto, i cui figli in tenera età si guadagnano il soldino per andare alle giostre rinfrescando con zampilli d'acqua la carovana di metallomani in parata di fronte alle loro abitazioni.
Le uniche tracce di attività lucrative sono un ufficio postale, un casolino (il supermercato non si conta perché siamo tutti convinti che durante tutto l'anno non sia altro che un capannone probabilmente adibito a pagliaio) ed una torre tipo silo, di cui ignoro la finalità, che però "qualcuno" ha detto essere "null'altro che una torre che gonfiano durante il concerto per far vedere che in paese c'è qualcosa."
Ma parliamo ora del campeggio e dell'area concerti. Appena giunti sul posto con l'oscurità e solo qualche faro posto qua e la si intuisce che il posto è grandicello, diciamo sei campi da calcio, ma quando cominci a parlare con questo o quello e domandi "dove stai te con la tenda?" e ti senti dire "Un chilometro e mezzo per di la" da tre persone diverse che indicano direzioni diverse capisci:
1-Quanto culo hai avuto ad arrivare la sera prima.
2-Quanto fottu---te grande è quel posto.
L'area concerti si presenta piuttosto bene, con quei due palchi eNNormi separati dal bucranio simbolo della manifestazione, ma lo spazio non è poi proporzionato alle dimensioni del campeggio e allora ti poni giustamente la questione: "Ma dove ca--o pensano di farcela stare tutta sta turba di dannati?". Passa il tempo e capisci pure questo:
1-Nessuno viene con l'intento di vedere più di 1\3 dei gruppi (tranne gli italiani)
2-Al 30% dei presenti dei concerti non glie ne può fregare di meno, loro arrivano, piantano la tenda, ci si siedono dentro, aprono una birra e la bevono, mettono la bottiglia fuori dalla tenda e ne aprono un'altra.
Bene, ora che il contesto se non delineato è perlomeno abbozzato possiamo passare alle recensioni dei concerti....
Grave Digger:
Alle 18, con il sole ancora alto che picchia sulle nostre teste, è giunto il momento dei Grave Digger. I cinque tedeschi suonano a questo W:O:A 2004 esattamente vent'anni dopo l'uscita del primo album Heavy Metal Breakdown e la presenza di numerosi fan dimostra che Boltendahl e soci rappresentano ormai da molti anni un'istituzione nel campo del metallo.
Come sfondo vediamo la copertina di Rheingold ed ecco che si comincia con l'intro dell'ultimo disco; l'impatto iniziale è buono anche se il suono della chitarra non sembra dei migliori. Da Rheingold vengono proposte alcune canzoni tra le quali la title track mentre il resto della scaletta è costituito quasi esclusivamente da grandi hit: Dark Of The Sun, Excalibur, Son Of Evil, The Grave Digger e molte altre.
Il suono della chitarra del signor Schmidt migliora rimanendo comunque sporco e grezzo alla Grave Digger e i volumi dei vari strumenti sono ben equilibrati. I cinque musicisti si divertono e appaiono appagati dall'esaltante reazione del pubblico.
Il carismatico cantante riesce a coinvolgere sempre più i presenti e raggiunge il massimo dell'emozione quando un coro maestoso formato da migliaia di metalhead canta il cavallo di battaglia per eccellenza: Rebellion!
Questo show durato un'ora e quindici minuti viene concluso con la ormai nota traccia di commiato, la title track dell'album che ha segnato il punto di partenza della carriera di questo grande gruppo, Heavy Metal Breakdown.
Dio:
"Il caro vecchio Ronnie, chissà se si tiene ancora in piedi?". Questa è la domanda che un po' ognuno si pone vedendolo, del resto non è che sia proprio un giovane aitante. Eccome invece, la prestazione del singer è andata oltre a qualsiasi mia aspettativa, tirando fuori una voce ancora migliore di quella già notevole dei dischi. Ma non solo "The Voice" è stato l'artefice di uno spettacolo così ben riuscito, infatti tutta la band è stata autrice di una performance impeccabile sul piano tecnico e profonda su quello emotivo, personalmente trovo che questa band potrebbe insegnare molto ad altre he magari godono di maggior successo.
Il picco è stato ovviamente raggiunto con i pezzi storici come "Rainbow in The Dark" e "Rock 'n' Roll Children", che meglio delle altre sanno creare una sinergia tra linee vocali ed accompagnamento.
Consigli caldamente a chiunque non l'avesse ancora visto di farsi il regalo di andarlo a sentire, anche se non siete simpatizzanti del genere.
Destruction:
Ben carico in seguito all'impeccabile performance di Dio (e alla comparsa sul palco di Joey DeMaio per premiare Ronnie James) son pronto per respirare un po' di thrash metal proveniente dal black stage.
Curse The Gods, è con questo pezzo che i Destrution salutano i numerosi thrasher seguaci del macellaio matto. Il suono è abbastanza chiaro e potente, i musicisti son carichi e ben forniti di borchie e proiettili, si può proseguire proponendo hit vecchie e pezzi più recenti, Butcher Strikes Back, Eternal Ban, Metal Discharge, Nailed To The Cross, Thrash Til Death (la canzone che mi ha gasato di più!), Mad Butcher etc.
Gli effetti scenografici rendono ancora più interessante il già esaltante concerto, ciascun membro del trio svolge bene il proprio lavoro e la risposta del pubblico è una botta di energia che carica ancora di più la band.
Improvvisamente sul palco si precipita un quarto membro che con chitarra e voce (non molto soave) fa compagnia alla famigliola di Schmier; non identifico subito il personaggio fino a quando i suoi capelli si spostano e ci permettono di riconoscere la faccia di Peter Tägtgren (mainman degli Hypocrisy). Subito dopo arrivano altri due ospiti, Abbath degli Immortal e Sabina Classen degli Holy Moses che con microfono in mano prendono parte a questa grande festa; purtroppo quando ci si diverte il tempo scorre velocemente e così alle 22:30 si conclude il concerto dei Destruction, complimenti a questi tre tedeschi dall'aspetto un tantino thrash!
Doro & Warlock:
Doro è uno dei motivi che mi hanno spinto ad intraprendere il periglioso viaggio e l' ancor più perigliosa permanenza a Wacken, volevo vedere per prima cosa se Doro è effettivamente come sembra nelle foto, e posso rassicurare chiunque si ponga la stessa domanda. In oltre volevo sentire che effetto hanno avuto vent' anni di urla sulla sua voce, e la risposta è: assolutamente nessuno.
La mia curiosità è stata poi suscitata quando invece di veder entrare i consueti 5 elementi ne ho visti una quarantina, ignoravo infatti che il concerto si sarebbe svolto con l'accompagnamento di un orchestra.
Il concerto si è aperto con le note di "Fear of The Dark" cantata in duetto con l'ex singer dei Maiden Blaze Bailey. Già qui la pelle d'oca era alta, lascio immaginare che effetto possono aver avuto pezzi come "All We Are", "East Meets West" e "Fuer Immer". In oltre è stata proposta pure la cover di "Breaking The Law" che sicuramente non è dispiaciuta a nessuno. Il concerto è andato per il meglio, con una precisione degna di un disco, ma con uno spessore emotivo assolutamente maggiore.
Amon Amarth:
Alle 2 di notte di venerdì ecco salire sul Black Stage i viking Amon Amarth. Lo show della band era molto atteso e infatti il pubblico è incredibilmente folto. Dopo un'intro la band attacca con la mitica Victorius March, canzone simbolo del gruppo. Il suono è già ottimo e potentissimo e la band si dimostra carica e vogliosa di suonare. La prestazione di Johan Hegg è un concentrato di cattiveria che ben si adatta all'imponente sezione ritmica e alle epiche melodie delle 2 asce, con un Sodeberg veramente ottimo in fase solista. La scaletta è più spostata verso i brani recenti, infatti son molti gli estratti da Versus the World (Death in Fire (accolta con un boato dal pubblico), For Stabwounds in our backs, Where Silent Gods stand Guard, Vs the World) e da The Crusher (Masters of War, The Sound of Eight Hooves, Bastards of a Lying Breed) mentre dal capolavoro The Avenger viene estratta la sola title-track. Per deliziare i fan accorsi ecco anche un'anticipazione dal nuovo Fate of Norns The Pursuits of the Vikings, pezzo che nulla aggiunge a quanto già detto dal gruppo ma che sicuramente fà sperare in un nuovo ottimo album.
In conclusione una band in formissima, carica, che dal vivo è sempre più una sicurezza, soprattuto grazie al grande frontman (sia di stazza che di capacità!!) che è Johan Hegg. Complimenti!
Death Angel:
Ma chi sono questi? Un gruppo nuovo? Eh no, hanno prodotto solo due album, ma se si va a vedere le date di produzione si vede che questa band è attiva da almeno quattordici anni. L'intervallo che si sono presi tra un disco e l'altro è forse eccessivo, ma sicuramente in questi anni hanno accumulato una carica tale da poter essere d'esempio a molti gruppi, che dopo un tour sono già spompi.
Lo spettacolo è durato circa un'ora e mezza, senza mai scendere sotto i 170 b.p.m, tutti i musicisti sono stati ineccepibili, spicca forse il cantante che di star fermo un attimo proprio non ne ha voluto sapere.
Quello che personalmente ho apprezzato di più (e pare che tutto il pubblico, se pur non numerosissimo, fosse d'accordo con me) è la carica che hanno messo su ciascuna nota, facendo capire a tutti che erano entusiasti di suonare e che si stavano divertendo come dei dannati.
Si spera adesso che non passino altri 14 anni prima di rivederli in giro.
Cannibal Corpse:
I Cannibal Corpse sono una delle band più amate dai metallari e il folto pubblico lo dimostra. La band di George Fisher è in forma smagliante e macina classici su classici con una precisione e una carica veramente notevole. Alex Webster si dimostra un eccellente bassista, capace di suonare con una pulizia e una velocità veramente impressionante, mentre Pat O'Brein e il nuovo chitarista macinano riff su riff sostenuti dalla potente batteria di Mazurkiewicz. Le canzoni proposte sono molte nell'ora a loro disposizione. Peccato che la censura tedesca non permetta loro di eseguire brani dai loro primi 3 album (scherzosamente Warrel Dane dei Nevermore dopo dirà: "La prossima canzone si intitola Hammer Smashed Face! La suoneremmo volentieri...ma non vorremo finire in prigione per questo!") e infatti la band dedica al governo tedesco They Deserve to Die. Sicuramente l'ennesima conferma dell'attitudine live di questa band.
Nevermore:
Sotto un sole cocente la band di Seattle riesce ad attirare un bel pò di fan. L'attacco è affidato all'album The Politics of Ecstasy dal quale vengono proposte prima la title-track (solo dallo stacco di basso in avanti) e poi le prime 3 canzoni in ordine. Subito si capisce che si ha di fronte u ngruppo carico, che vuole dare un'ottima impressione del proprio stato di salute. Warrel Dane è in forma e canta benissimo, reinterpretando alla perfezione ogni singolo pezzo. Loomis e Smyth ormai sono affiatatissimi e lo dimostrano creando ottimi soli. Sheppard e Williams sono potenti e precisi come ogni sezione ritmica dev'essere. La scaletta continua con diversi estratti dall'ultimo album tra i quali spicca I, Voyager e altri da album più datati come ad esempio Beyond Within da quella gemma che è Dreaming Neon Black. La conclusione è affidata alla cover di The Sound of Silence che nella versione Nevermore fà sfracelli a non finire.
Hypocrisy:
Il sole pian piano si avvicina al tramonto ma picchia ancora forte mentre gli svedesi Hypocrisy prendono possesso del Black Stage. La band di Peter Tagtgren è stata autrice quest'anno di un bellissimo album quale The Arrival e di ottimi responsi live. Infatti il pubblico accorso per la loro esibizione è veramente tantissimo, quasi da far invidia a quello per i Saxon che sarebbe accorso dopo (infatti Peter ringrazia dicendo che è meglio essere su quel palco con tutti questi fan che con 200 donne!). Sulle note di Fractured Millenium ecco i 4 fare ingresso sul palco. Peccato che il suono sia impastato e si capisca gran poco. La voce è assente, così come le chitarre. Ma durante la successiva Fusion Programmed Minds le cose si sistemano e tutto fila liscio. La band è di una precisione chirurgica, Peter spaventa per la semplicità e la naturalezza con cui cambia timbro vocale, Horgh è un metronomo e Holma sostiene bene i soli di Tagtgren. I brani esguiti son "sempre i soliti", Turn the Page (che ha scatenato notevole casino tra le prime file), God is a Lie, Eraser, Born Dead Buried Alive e la classica chiusura con Roswell 47 (per l'occasione Wacken 47) che chiude l'esibizione di uno dei migliori gruppi di tutto il festival!
Helloween:
Mentre Hypocrisy sul black stage e Thunderstone sul party stage fanno il loro dovere io mi metto in postazione per gustarmi un' ora di show di uno dei gruppi più rappresentativi del power tedesco, gli storici Helloween.
Nonostante la presenza di solo due membri della formazione originale (Michael Weikath alla chitarra e Marcus Großkopf al basso) il gruppo è sempre molto seguito infatti la gente davanti al true metal stage continua ad aumentare. Le zucche sullo sfondo c'intrattengono fino quando alle 19:30 la band si presenta sul palco con Starlight, opening track del primo album Walls Of Jericho.
Come seconda traccia viene suonata Keeper Of The Seven Keys dal leggendario "Keeper II", un pezzo questo che viene proposto raramente dal vivo; nonostante a mio parere fosse un po' presto per suonare una canzone di questo calibro la scelta si é rivelata una mossa azzeccata vista la calorosa risposta del pubblico e l'emozioni che ha suscitato nei cuori dei fan più fedeli.
La scaletta è stata stabilita in modo da non tralasciare alcun album infatti tra i pezzi proposti troviamo: Power, Perfect Gentleman, If I Could Fly, Eagle Fly Free, Dr. Stein, Sun 4 The World ecc. fino a quando finalmente è giunto il momento del tanto atteso special guest. C'è chi urla Kai e c'è chi grida Kiske ma chissà passano alcuni minuti di suspence per far sì che l'adrenalina dei presenti aumenti quel tanto che serve quando finalmente con la sua flying V rossa e bandana nera si presenta sul palco il vero padre del power metal teutonico, il mitico Kai Hansen (bei tempi quelli di Jericho e dei Keeper!!!).
In splendida forma il signor Hansen suona e "co-canta" grandi hit come Future World e How Many Tears, gli spettatori accolgono come si deve il cantante dei Gammaray il quale scambia anche sorrisi (chissà se sinceri) con Weiky mentre io attendo (invano) Ride The Sky o Phantom Of Death beh, non mi posso di certo lamentare, erano uno dei gruppi che ho atteso con maggior fervore, dopo una buona prestazione e con in più un grande ospite mi considero pienamente soddisfatto.
Children of Bodom:
La personalmente attesissima performance dei Children inizia al crepuscolo con una qualità audio degna di una festa di patronato: le chitarre non si sentono, la batteria ha i volumi sregolati, il basso, proprio non c'è e la tastiera è l'unica cosa vagamente interpretabile, oltre ad una voce da telefono degli anni trenta. Inutile descrivere l'ira che pervase il mio animo in quei frangenti. Per fortuna le cose si sono sistemate abbastanza in fretta (ma non abbastanza, per cui "Bodom After Midnight" è andata persa), il concerto che ne è scaturito è stato veramente poderoso, la scaletta comprendeva sia pezzi dei primi album, che canzoni nuove che hanno reso molto bene (culminando con "Needled 24\7 e "Sixpounder").
I cinque finlandesi si sono dimostrati all'altezza del palco su cui hanno avuto la possibilità di suonare, Laiho da parte sua era così preso dal far casino ed incitare il pubblico che quasi si dimenticava di cantare.
Peccato che l'attenzione doveva essere spartita tra concerto e sopravvivenza, perché la pioggia di Bodysurfers ha minato la cervicale del sottoscritto.
Saxon:
Finalmente con un po' di fresco alle 22:00 é l'ora di una band che tiene ancora in vita e porta in giro la sigla "New Wave Of British Heavy Metal". Sto parlando di un heavy metal thunder, i Saxon!
Subito a freddo viene suonata la sopra citata hit la quale scalda il pubblico tanto da far alzare la temperatura come fossero del due di pomeriggio.
Biff Byford e compagnia vedono davanti a loro una folla immensa che acclama la tanto attesa band inglese. La copertina dell'ultimo "Lionheart" fa da sfondo mentre la storica aquila e i giochi di luce aiutano un grande concerto a diventare un maestoso spettacolo.
Pezzi storici come Crusader, Princess Of The Night, The Eagle Has Landed e la traccia di chiusura Denim And Leather fanno come sempre salire l'adrenalina dei moltissimi capelloni (e non) i quali si scatenano, cantano e devono a ritmo di un metal puro e semplice ma con una grande forza emotiva.
Moltissimi ospiti e amici si alternano sul True Metal stage, esperti nel campo del metallo come Mike Schmier dei Destruction e Chris dei Savatage. Durante Crusader dietro le pelli si siede Jörg Michael il quale ha inciso le parti di batteria dell'ultimo disco e ora fa parte delle line up. Tra le tante canzoni suonate troviamo Dogs Of War, Motorcycle Man, 747 Strangers In The Night, ecc. all'interno delle quali c'è spazio anche per l'assolo di batteria. Nonostante a mio parere il tempo dedicato a lui fosse un po' eccessivo il batterista dimostra le sue doti tecniche e creative, grazie anche al suono praticamente perfetto che ci ha permesso di gustare a pieno un'ottima performance.
All'interno della scaletta viene inserita anche l'inedita ed esaltante Lionheart la quale conferma lo spostamento dei Saxon verso qualcosa di sempre più metal rispetto ai primi anni. Beh, posso terminare questa parte dicendo "Fill your heads with heavy metal thunder"
Satyricon & Nocturno Culto:
L'evento più atteso da tutti blackster presenti era sicuramente il ritorno sul palco di Nocturno Culto per presentare dal vivo alcuni brandi dei suoi storici Dark Throne. Era ormai dal 1996 che non avveniva e infatti questo è stato definito poi come un momento storico del black metal. Ad aprire le danze comunque sono i Satyricon di Satyr e Frost accompagnati come sempre da musicisti di tutto rilievo (basti citare bassista e chitarrista degli Spiral Architect). Sicuramente la posizione di rilievo nel bill del festival e la possibilità di suonare di notte rendono questo show veramente memorabile. L'apertura è affidata a "Walk The Path Of Sorrow" dal mitico "Dark Medieval Times" seguita con le maestose "Forhkeset" e dalla vecchissima "The Night of the Triumphator". Dai più recenti (e personalmente deludenti) "Rebel Extravaganza" e "Volcano" vengono proposti pochi pezzi come il singolo "Fuel for Hatred" o la lunga "Black Lava" (proprosta comunque solo in parte) o "Repined Bastard Nation". Ma ecco dopo circa 45 min di show fare il suo ingresso un ingrassato Nocturno Culto per proprorre 30 min di canzoni dei seminali blackster Dark Throne, una leggenda più che un gruppo, col supporto dei Satyricon al gran completo e con lo stesso Satyr ad occuparsi delle parti di chitarra. La setlist è gustosa con l'epica "Hordes of Nebulah", la glaciale "Transilvanian Hunger" o "Under a Funeral Moon". I presenti gradiscono molto ma chiedono di più ma il frontman così come è entrato se ne và. Ecco ritornare sul palco i Satyricon per l'ultimo pezzo..e quale poteva essere se non "Mother North"? Per chiudere anche Nocturno Culto torna sul palco da chitarrista come lo era stato in quella pietra miliare intitolata "Nemesis Divina".
Report a cura di Lorenzo Canella, Simone Bonetti e Mattia Berera
Siamo alla ricerca di un nuovo addetto per la sezione DEMO, gli interessati possono contattare lo staff di Holy Metal, nel frattempo la sezione demo rimane temporaneamente chiusa.