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No Mercy Festival - 06/04/2004 - Transilvania Live - Milano

Ormai l’architettura gotica, i vari gadgets e il piccolo giardinetto (sfortunatamente mal tenuto) del Transilvania Live iniziano a essermi familiari.Ecco com’è andata:

Spawn Of Possession : Gli svedesi Spawn Of Possession offrono un esibizione nel segno del death metal più aggressivo, ma ahimè alla lunga ripetitivo e poco catchy. Siamo ancora all’inzio, l’attenzione è bassa,e la mia posizione alquanto infelice mi ha impedito di godere appieno della musica proposta dal quintetto. Non indispensabile, ma da tenere in considerazione per le sue potenzialità,specialmente nei riff di certe canzoni.

Exhumed : Uno dei motivi del mio entusiasmo risiedeva nella fiducia da me riposta negli Exhumed, gruppo a mio avviso che non ha bisogno di presentazioni (chi non conosce Slaughtercult ?). Eppure, sono costretta ad ammettere che dal vivo perdono le sonorità più squisitamente grind a favore di un sound più affine al thrash, ed è stata una parziale delusione scoprire che non era nemmeno in scaletta un pezzo come This Axe Was Made To Grind . Certamente apprezzabile la performance nel suo complesso (anche se poco incisiva), finalmente i presenti iniziano a reagire ma tutti aspettano “il meglio”. Peccato.

Vomitory : Un altro mio motivo di entusiasmo, un’altra band che non si può non conoscere…finalmente si inizia a entrare nel vivo del concerto, anche se lentamente. Peccato per la breve durata dell’esibizione (sette canzoni di numero!), ma si è trattato di quaranta minuti di pura violenza!!! Si comincia con “Blessed and Forsaken”, dall’intro potente e graffiante, per passare a pezzi come “Under Clouds Of Blood”, “Primal Massacre” “40 Seconds Bloodbath”, “Autopsy Extravaganza” e “Corpsegrinder Exp” tutti squisitamente violenti, aggressivi, brutal e chiudere con la velocissima “Chaos Fury”. Buono quindi il live dei nostri quattro, anche se forse mancante di quell’incisività e presenza sul palco che in dal vivo fa la differenza. Per apprezzare i Vomitory occorre prima averli ascoltati su cd.

Carpathian Forest : Altissime aspettative per i Carpathian Forest, conosciuti come una delle black metal bands più estreme della scena attuale. Con a mente la loro performance, che risale appena al giugno scorso, attendo con impazienza la comparsa sul palco dei nostri, in particolare del frontman Nattefrost , ma quando mi si presentano davanti dei semplici personaggi con una vaga impressione di già visto, senza face painting e la solita tenuta, fatico a credere che si tratti degli stessi “demoni” dei miei ricordi. Comincio a capire che non si tratta dei tecnici del suono solo quando Nattefrost (poi identificato), si presenta con tanto di croce rovesciata in mano e esordisce con una bella bestemmia.
Ancora sotto shock, ascolto le note del brano di apertura e gradualmente mi convinco di avere proprio di fronte i Carpathian Forest, ma mi chiedo cosa possa essere successo quando vedo sempre Nattefrost fare il simpatico, dire “thank you” alla fine di ogni canzone e persino andare a stringere la mano ai fans (ma non era notoriamente misantropo?). Per apprezzare meglio il loro puro black metal chiudo gli occhi, evitando di pensare al quartetto che avevo davanti, e solo così posso concludere che la performance è stata più che soddisfacente dal punto di vista musicale, e si tratta sempre dell’estremissimo e ignorantissimo black metal che tutti conoscono.

Kataklysm : Probabilmente la migliore esibizione della serata. I canadesi Kataklysm si rivelano amati dal pubblico italiano (di cui ricambiano pienamente l’affetto) e regalano un’esibizione trascinante e indimenticabile. Si parte con “Ambassador Of Pain”, tratta dal recente album Serenity in Fire, tanto per scaldare l’ambiente, e l’incisività della canzone riesce bene nell’intento. Seguono altri brani tratti dallo stesso album, quali la titletrack, “The Night They Return”, la bellissima “As I Slither”, la tecnicissima “Blood On The Swans” con tanto di mega-assolo di batteria iniziale tirato più a lungo che su cd, l’inno estremo “Illuminati” tratto dal precedente Shadows and Dust. I quattro sono in gran forma, e si vede che l’acquisto recente del nuovo batterista dalle indubbie capacità, prima tra tutte la velocità, porta al gruppo la fama che merita, quel “di più” che prima mancava per essere veramente incisivi. Ed ora questo passo avanti è stato fatto, la formula funziona e dal vivo è ineccepibile.

Hypocrisy: Alle 20.20 precise ecco diffondersi per la sala le note dell'intro di Born Dead, Buried Alive e poco dopo ecco apparire gli Hypocrisy. La folla li accoglie con un boato e subito loro rispondono con l'imponente riff dell'opener del nuovo album. Il suono è cristallino e potentissimo e la band è in ottima forma, con Peter dietro il microfono che sfoggia tutto il suo talento come cantante. Come seconda canzone ci sbattono in faccia Fusion Programmed Mind da Hypocrisy seguita a ruota da una ripescata Adjusting the Sun da quella piccola gemma chiamata The Final Chapter. La band è precisa e dimostra di divertirsi sul palco proponendo pezzi sia nuovi sia vecchi.
Infatti la scaletta ripesca vecchie canzoni quali Necronomicon e God is a Lie lasciando da parte le classiche Pleasure of Molestation e Apolcalypse. Dal nuovo album sono estratte Eraser e Slaves to the Parasites, canzoni che il pubblico dimostra di conoscere e apprezzare. Dal discusso Cach 22 viene ripescata solo l'ottima Turn the Page che dal vivo è ancora più potente che su disco. Tra una Fire in the Sky e una Roswell 47 (chiamata scherzosamente
da Peter Milano 47) pian piano ci avviamo verso la fine e il compito di chiudere quest'esibizione viene affidato a quel capolavoro di Deathrow (No Regrets). In conclusione una band in ottimissima forma, con Tagtgren ottimo sia come
chitarista che soprattutto come cantante. Perfettamente integrati anche i nuovi entrati Andreas Holma alla chitarra e Horgh alla batteria che insieme a Mikeal Hedlund forma un'imponente sezione ritmica.
Scaletta:
Born Dead, Buried Alive
Fusion Programmed Mind
Adjusting the Sun
Eraser
Turn the Page
Fire in the Sky
Necronomicon
Slaves to the Parasites
Roswell 47
God is a Lie
Deathrow (No Regrets)


Cannibal Corpse: Siamo giunti al piatto più prelibato, ai “mostri sacri” del brutal death . I Cannibal Corpse sono, dopo gli Hypocrisy, il gruppo più atteso della serata. La tensione è alta, l’area sotto il palco piena. Si comincia con “Shredded Human”, tratta da Eaten Back to Life, ed è subito delirio. Personalmente comincio a entusiasmarmi solo quando sento le note della vecchia “Fucked With A Knife” e di “Stripped,Raped and Strangled”, ma non disdegno nemmeno Vomit Upon The Cross” e Gallery of Suicide”. A questi pezzi si alternano canzoni più recenti, in particolare tratte dall’ultimo album uscito, The Wretched Spawn, che non trovo particolarmente entusiasmante perché dalle tonalità un po’ troppo thrash. Riportare qui tutti i venti pezzi in scaletta è inopportuno, e una mera elencazione delle canzoni non rende certo l’idea di come si sia svolta l’esibizione. Per quanto mi riguarda, ho già avuto modo in altra sede di notare la poca incisività sul palco dei gruppi americani, e la stessa cosa vale per un gruppo del calibro dei Cannibal Corpse. Non posso certo non dire che sia stata un’esibizione fantastica e che era molto tempo che desideravo poter vedere i nostri dal vivo, né che non siano stati apprezzati, ma non posso nemmeno ritenermi pienamente soddisfatta. Forse è doveroso anche dire che, personalmente, apprezzavo di più Chris Barnes come voce, ma devo riconoscere che Corpsegrinder si è dimostrato abbastanza efficace anche nei pezzi più vecchi, e non ha fatto rimpiangere il suo predecessore.
La quasi ora e mezza a disposizione del gruppo scorre anche troppo velocemente, i pezzi si susseguono velocemente e l’apprezzamento cresce (qualcuna probabilmente ha avuto un orgasmo, perché ha lanciato inopportunamente il reggiseno sul palco..). Si chiude, come di consueto, con la splendida “Hammer Smashed Face” ( da Tomb Of The Mutilated”), ed è delirio totale. Così la serata si conclude.

E’ stata una giornata davvero intensa, ed è finita nel migliore dei modi. Peccato lo scarso interesse per alcuni gruppi che invece a mio parere meritano molta più considerazione, e grande rammarico per la solita maladministration, ma nel complesso davvero un gran concerto.


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Report a cura di Tiziana Ferro - (Hypocrisy di Simone Bonetti)

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