Dopo aver abbandonato gli immensi Accept, il vocalist Udo Dirkshneider decide di continuare il discorso musicale interrotto con gli ex compagni avvalendosi di una nuova band. Troviamo alla chitarra l’eccezionale Mathias Dieth, ex Gravestone e Sinner, il “Van Halen tedesco”, e Peter Szigeti; al basso Frank Rittel e alla batteria Thomas Franke, uno dei migliori batteristi teutonici in circolazione al tempo. Nella sua carriera solista, Udo riesce coi primi quattro album a pubblicare dei veri manifesti dell’Heavy Metal allo stato di grazia disumana.
“Animal House” è il primo di questa serie di capolavori, costituito da liriche spettacolari, linee vocali al vetriolo, cori wagneriani ma estremamente coinvolgenti nella loro melodia imponente, e soprattutto un guitar playing tra i più grandiosi di tutti i tempi, frutto del genio compositivo e tecnico del funambolico Dieth.
La title track è violenza pura prostrata alla melodia più travolgente, “Go Back To Hell” consta di un riff magnifico e di solismi incredibili, una ritmica terremotate e di un pre-chorus/refrain straordinario.
Mid-tempo elefantiaco “They Want War”, emozionante il coro delle voci bianche che drammatizza il testo, il tutto impreziosito dalle chitarre di Dieth forse nella sua migliore performance di tutto il disco. L’album così procede inesorabile verso il paradiso dell’Heavy Metal, nell’esaltazione continua di tutti gli elementi che abbiamo visto fin’ora. Da segnalare anche la sognante “In The Darkness”, un manuale dell’hard’n’heavy nella sua enfasi emotiva: impossibile non rimanere interdetti, la sua bellezza trascende la semplice passione che si può avere per la musica.
Questo masterpiece è chiuso dalla marcia tirannica di “Run For Cover”, un inno di adunanza, col suo incedere rigido, il suono quadrato, il coro solenne e smisurato come una catena montuosa.
E’ difficile stabilire quale sia il migliore tra i primi quattro solisti di Udo, ma siamo certamente al cospetto di uno di quei dieci, venti album che meglio e al dì sopra di ogni altro racchiudono l’orgoglio, la potenza e la bellezza dell’heavy metal tutto in tutta la sua storia.
Recensione di Marco Priulla
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