Eccomi davanti a uno degli album più discussi del momento, quello che segna il tanto atteso ritorno dei padri del black metal,i norvegesi Mayhem. Scusandomi con i fans e con i miei amici per il clamoroso ritardo di uscita di questa recensione, confesso di aver sfruttato questo lasso di tempo dalla data di uscita (29 marzo) ad oggi per saggiare le reazioni che Chimera ha avuto sul pubblico. In questo modo ho potuto constatare due atteggiamenti opposti, di grande soddisfazione e di profonda delusione. “I Mayhem non sono più quelli di una volta” è stato il leit motiv di questo mio sondaggio.
La band dalla storia tormentata (e nota anche a coloro che non ne conoscono invece la musica), sforna un album tetro, cupo, definito dai membri stessi come un ritorno alle origini dopo il successo di De Misteriis Dom Sathanas .
Ed in effetti l’atmosfera che traspare dall’ascolto è oscura, ma anche in un certo modo soffocante, a causa della prevalenza schiacciante di pezzi lenti che danno la sensazione di una sorta di “trance mistica” (per qualcuno leggasi anche: estasi) dalla quale si esce solo alla fine delle otto tracce. La cosa più sconcertante è però che, nonostante gli sforzi per mantenere l’attenzione, la musica scivola via dalla memoria e il ricordo delle liriche la prima volta è quasi impossibile. Chimera manca della capacità di tenere alta l’attenzione dell’ascoltatore, nonostante sia un album dai buoni contenuti, in particolare “Dark Night of the Soul”, “You Must Fall” e la splendida “Impious Devious Leper Lord”, e nonostante gli sforzi sovrumani di Hellhammer alla batteria e dell’inferno vocale vomitato dal singer Maniac. Complessivamente si potrebbe parlare di un risultato sufficiente, ma trattandosi dei Mayhem credo ci si potesse aspettare molto, molto di più .
Una nota a parte merita l’artwork del retro, con una tracklist modello “Kill Bill”o, se preferite, “lista- della- spesa”!
Recensione di Tiziana Ferro
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