A quattro anni da “Suffer Our Pleasures”, torna a farsi sentire la band dei fratelli Zachary e Marco Hietala, quest’ultimo molto più famoso per i successi ottenuti con i Nightwish. Il settimo disco dei Tarot, oltre ad essere il primo per Nuclear Blast, vede l’esordio di Tommi Salmela a supporto di Marco nelle linee vocali ed agli effetti elettronici, e si presenta come un album fresco, melodico ma a volte anche potente, che spazia tra atmosfere dark, influenze power e progressive, attraverso un heavy metal principalmente di matrice classica, con anche qualche velato (e prevedibile) riferimento ai Nightwish.
Partendo dalla titletrack, si ha subito l’impressione di avere fra le mani un lavoro onesto e ben fatto, pervaso dalle atmosfere oscure e grigie create dagli effetti delle tastiere di Tolsa e dall’elettronica di Salmela, sempre accompagnate con una grande grinta dalla voce del barbuto Marco Hietala.
Cambia il ritmo, così gli assoli e i riff di Zachary si incastrano alla perfezione nella più accattivante e aggressiva “Traitor”. La seguente “Ashes To The Stars” è una canzone più orientata verso il power, dove bisogna dare atto del buon songwriting, che contribuisce senz’altro ad aggiungere qualità ad un brano di buona fattura.
Il suono dell’organo introduce poi “Messenger Of Gods”, brano articolato e potente, anche se non tra i migliori del disco, che porta così oltre la metà dell’ascolto. “Before The Skies Come Down” arriva per spezzare il ritmo con le sue parti più lente e pulite, l’atmosfera melodica e l’ottima chitarra di Zachary, a supporto di un coro potente e di presa.
E’ poi il turno della malinconica “Tides”, traccia lenta in cui protagoniste sono le tastiere e la voce pulita del cantante, risultando uno dei pezzi più particolari del disco, mentre nelle atmosfere ricorda in più occasioni certi brani della più celebre band di cui Marco fa parte. Dopo questa parentesi si torna ad uno stile più consono al quintetto in “Bleeding Dust”, veloce, potente e aggressiva quanto basta, mentre il sound decisamente più catchy e coinvolgente della seguente “You” fa capire subito perchè questa è stata scelta come primo singolo estratto dall’album.
“Howl!” è un altro brano interessante di questo “Crows Fly Black”, particolare è la chitarra acustica all’inizio, così come anche le lunghe parti strumentali, il tutto nella solita atmosfera inquieta che ritroviamo un pò in tutto il disco. A chiudere infine “Grey”, altro brano non troppo allegro, e in tema con la cover del disco, dove ancora una volta il bassista/cantante della band dà sfoggio delle sue qualità canore, quasi sconosciute al pubblico dell’altra sua band, mentre lentamente ci si avvia alla conclusione.
Tutto sommato questo disco non è certo nulla di sconvolgente o di eccezionale, però non presenta carenze o difetti significativi, risulta piacevole e non ci si stanca facilmente di ascoltarlo. Sono questi i maggiori punti di forza di un album ben fatto da parte di una band di musicisti più che rodati, e che grazie a brani come “Traitor”, “Ashes To The Stars” o “Tides”, ed alle sue atmosfere particolari, riesce a farsi apprezzare senza troppe difficoltà.
Recensione di Marco Manzi
Siamo alla ricerca di un nuovo addetto per la sezione DEMO, gli interessati possono contattare lo staff di Holy Metal, nel frattempo la sezione demo rimane temporaneamente chiusa.