Iniziamo la recensione di questo disco a partire dalla prima cosa che si nota, ovvero la copertina, piuttosto minimale e semplice e non particolarmente risaltante… se non si trattasse di un gruppo metal. Ora apriamo la custodia, mettiamo su il disco e vediamo un po’ che ci aspetta! Molto interessante è il fatto che questo disco sia una specie di concepì ispirato alla divina commedia, cosa che da un lustro piuttosto peculiare alla nostra letteratura.
Innanzitutto la prima traccia “Intro 4” è… indovinate un po’… un intro! E poco altro si può dire di essa, si tratta di un pezzo di “atmosfera”, cupo e vagamente psichedelico, che però risulta di scarsa utilità, anche visto il fatto che la traccia successiva “Dark Wood Of Error” non va né particolarmente d’accordo con essa, né tantomeno contrasta in modo evidente. La cosa che si nota è che in un certo senso anche questo secondo pezzo è in parte considerabile di introduzione al disco. Il pezzo è martellante, tirato e volutamente ripetitivo, sembra quasi voler creare uno stato confusionale nella mente dell’ascoltatore. L’affinità con il genere “intro” si ritrova nella brave durata di esso (poco più di 2 minuti) e nel fatto che il cantante Derrik Green inizia a cantare solo oltre la metà del pezzo.
Giungiamo finalmente al primo pezzo vero e proprio del disco, “Convicted In Life” dove possiamo apprezzare la precisione e la potenza in particolare della chitarra di Andreas Kisser.
A seguire “City Of Dis” che alterna alle ritmiche a fuoco (ben presenti anche nella traccia precedente), delle parti quasi mid-tempo che creano una piacevole alternanza. Spicca il tocco ipnotico conferito al pezzo sia dalle parti più veloci di chitarra che creano una sorta di ronzio di api che intorpidisce la mente, sia da aggiunte elettroniche.
Il carattere psichedelico si ritrova a piene mani anche in “False”.
Al settimo posto si verifica una cosa un po’ particolare, vi troviamo infatti “Intro 2”… già, un'altra intro. Che però stavolta ben lega con la successiva “Ostia”, tra l’altro bel pezzo, dalle caratteristiche più moderne rispetto agli altri, ma che agli altri viene accomunato anche dallo spazio concesso all’elettronica ed a vari fills… troviamo addirittura un solo di archi!
Dopo una “Nuclear Seven” un po’ monotona, troviamo “Repeating The Horror” che porta con se (soprattutto nell’intro) un tocco dei suoni nati in Brasile e conferisce al pezzo un tocco peculiare all’interno del disco.
“Intro 1”: un pezzo di archi quasi furioso che prelude a “Crown And Miter”.
Dopo un ultima intro, il disco si conclude con “Still Flame” che inizai con una sorta di Omm di sottofondo che trascina l’ascoltatore nel pezzo che si insinua con un suono di sitar e percussioni dal timbro tribale, il tutto facente sfondo ad un violoncello. La voce di Derrik Green giunge solo negli ulimi secondo ad urlare il titolo del pezzo…bel casino. Però rende!
Il disco in questione è sicuramente un po’ atipico perché, finchè si tratta di mettere i violini in un disco power od in una ballata, la cosa non presenta grossi problemi concettuali…ma in un disco dei Sepoltura… Ancor più interessante è il fatto che, seppure lo stile compositivo dei vari pezzi non sia poi molto dissimile da quello classico della band brasliana, gli inserti classici non stonano affatto, anzi, danno una spinta ad un disco che altrimenti non avrebbe molto da aggiungere.
In buona sostanza, disco molto curioso ed interessante che vale assolutamente la pena di essere ascoltato.
Recensione di Lorenzo Canella
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