"WARRIORS OF THE RAINBOW BRIDGE", un titolo che mi sarei aspettato uscire
dal "Generatore di Titoli True", quel divertente programmino che fa il giro
tra le mail dei metallari ormai da anni, ma mai avrei pensato di vederlo
come titolo di un album. Più tamarri dei ManOwaR, più scontati dei Rhapsody
e più immobili dei labyrinth, i Molly Hatched escono con il loro ultimo
album arrivando così ai 25 anni di carriera nel campo del Southern Rock.
Mi dispiace sempre quando recensendo un album mi trovo a dare dei giudizi
negativi, ma d'altra parte il compito di noi recensori e anche quello di
invogliare la gente a comprare i cd migliori (dato anche il prezzo
vertiginoso che ormai hanno raggiunto), e questo purtroppo è uno dei più
inutili.
Se si guarda però all'aspetto tecnico bisogna riconoscere che la band ha
raggiunto livelli di pulizia dei suoni e di coordinazione tra i componenti
veramente invidiabili, purtroppo a volte non basta solo la classe per creare
un buon lavoro. La maggior parte delle canzoni sa di "già sentito", i Molly
Hatched non riescono a imprimere più quella passione e quella potenza che
gli hanno permesso di vendere un milione di copie del loro primo disco.
Neanche i due nuovi ingressi nella line up del gruppo, l'ex-Lynyrd Skynyrd
Tim Lindseyal basso e il ritorno del chitarrista Dave Hluber, a dare una
scossa alla band.
In ogni caso non ci sono solo aspetti negativi in questo album, il suo
principale pregio è sicuramente quello di non risultare mai pesante o
stancante, il sound di questa band risulta sempre scorrevole senza
interruzioni o cambi di atmosfere troppo bruschi. Forse però questo è dovuto
più alla scarsa incisività dei pezzi che a una reale intento della band.
La miglior canzone dell'album è senza dubbio l'ultima: 'Rainbow Bridge'.
Questa canzone, veramente toccante, è dedicata alla moglie di Bobby Ingram,
il chitarrista, recentemente scomparsa. Per lo meno i Molly Hatched sono
riusciti a chiudere il loro ultimo album con un tocco di quella classe che
li ha contraddistinti fino ad ora. Speriamo che questi mostri sacri si
riprendano in fretta per regalarci ancora tanto sano hard rock
Recensione di Tommaso Bonetti
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