"...La vita è come una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita"(Forrest Gump) e se la scatola è bella non è detto che lo sia anche il contenuto. in questo caso tuttavia l'elegante confezione, che pare quasi contenga un dvd, racchiude 70 minuti di vera e propria musica.
Non sono mai stato particolarmente attratto da progetti progressive esclusivamente strumentali ed uno di una simile durata all'inizio mi ha lasciato un pò perplesso.
Nonostante questo il fatto che il lavoro vedesse coinvolto in prima persona il tastierista degli Shaman Fabio Ribeiro mi ha spinto ad un primo ascolto. Un primo ascolto che non mi ha però convinto del tutto, ho dovuto quasi fondere lo stereo prima di poter finalmente apprezzare completamente il lavoro, che è tutto fuorché immediato.
Si tratta di un' album tutto da scoprire, ascolto dopo ascolto. Ed ecco quindi che il pianoforte di "L' Etre Ed Le Neant" che alla prima passata era sembrato tanto scontato e monotono, svela tutte le diverse sfumature di cui è composto, giochi di tastiera, scambi con chitarra elettrica oltre a vari strumenti come flauto e Sax che a qualcuno potrebbero anche far storcere il naso. Il punto di forza dell'album restano tuttavia le atmosfere create con la tastiera, strumento fondamentale in tutto l'album che non fa affatto rimpiangere la mancanza di una voce. "The Tide Turns" così come molti progressive side project di diversi artisti, va visto come una valvola di sfogo alla creatività di chi trovandosi a suonare in una determinata band resta in un certo qual modo vincolato dallo stile musicale della stessa e comunque dai gusti degli altri membri del gruppo. Cosa che in questo caso non accade sebbene Rebeiro si sia fatto affiancare dal collega Hugo Mariutti e dall'Angra Kiko Loureiro alle chitarre. Il risultato è quindi una album del tutto personale, che non quasi ha niente in comune con la band principale del musicista carioca. Tra gli altri pezzi interessanti va citato "Parallel Paradise", in questo caso la tastiera in alcuni passaggi cede il passo alle chitarre, ed entrambi i musicisti posso dare sfoggio alle loro capacità tecniche, cosa che per altro avviene anche nel resto dell'album.
Molto ambiziosa e ben riuscita è "Azzivullas' Suite" traccia più lunga di tutto l'album e suddivisa in quattro parti, la prima "Fleeting Dream" che svolge la funzione di introduzione, con delle buone parti di flauto alternate a soli di chitarra e l'immancabile tastiera in secondo piano, dopo uno sfoggio di bravura da parte di Hugo Hori al flauto, lo stesso ci delizia con il Saxofono nella seconda parte "Pangs of Death", il brano si conclude con "Hereafter" dove la tastiera di Ribeiro torna a farla da padrona.
I successivi brani sono in linea con quest'ultimo e sebbene ognuno possa vantare una propria personalità non riesce comunque a scrollarsi di dosso il marchio di fabbrica. Così passiamo a "Lilith" brano più vicino alla new age che al prog e, se non fosse per l'inconfondibile sound delle tastiere e della chitarre acustiche, rischierebbe di passara per "mosca bianca" di tutto l'album.
Da segnalare anche "The Gates of Ixtlna" brano che tra organo e tastiere si rivela carico di phatos, creando un'atmosfera particolare, quasi una sorta di alone mistico rotto solo da stupendi soli di chitarra.
The Tide Turns è come un quadro la cui vera bellezza difficilmente potrà essere colta alla prima occhiata, ad ogni ascolta svelerà qualche nuovo dettaglio e particolare prima di rivelarsi in tutta la sua magnificenza.
Recensione di Paolo Manzi
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