A due anni di distanza dall’acclamato esordio, almeno in ambito underground, tornano i norvegesi Magister Templi, ancora in combutta con la romana Cruz Del Sur.
Il quintetto di Oslo, con ‘Into Duat’, migliora il già brillante operato di ‘Lucifer Leviathan Logos’, ritoccando quel poco che basta i suoni, invero molto ‘live’ ma assolutamente perfetti per la sulfurea mistura distillataci da Abraxas d’Ruckus e soci.
Otto brani per quaranta minuti di mantra oscuro e omogeneo, ecco quello che in buona sostanza godremo dall’ascolto del gioiellino ‘Into Duat’. Se siete fans dei primi Mercyful Fate, così come dei combo più luciferini di stampo NWOBHM, i Magister Templi hanno confezionato un album perfetto per i vostri canoni, facendo della personalità e del gusto due armi alle quali è difficile resistere, specie in un periodo super saturo di qualsivoglia uscita discografica.
Lo stentoreo salmodiatore Abraxas, e il duellare di Baphomet e Patriark alle chitarre, non possono lasciarvi indifferenti in brani dal sicuro appeal quali ‘Osiris’, ‘Horus The Avenger’ e la mortifera ‘Slaying Apophis’.
Le liriche in bilico tra i dettami di Crowley e la magia dell’ Antico Egitto, non fanno che aumentare l’alone di fascino che emana ‘Into Duat’, esempio di come l’orecchiabilità di certi refrain, assimilabili al primo passaggio, non debba andare per forza di pari passo con la banalità compositiva.
In buona sostanza, nel sovraffollato panorama (specialmente quello scandinavo) di ‘revival’ dell’ HM Classico, i Magister Templi spiccano, così come una manciata di altre band, per indubbia capacità di songwriting ed un dono innato, ovvero quello di assemblare canzoni indispensabili all’economia del disco, senza filler, ed articolate quanto basta per essere apprezzate anche dai fruitori più esigenti.
Promosso quindi a pieni voti il loro trademark Heavy/Doom di chiaro stampo ottantiano, ‘Into Duat’ è la colonna sonora ideale di un sanguinario rito tra la polvere delle catacombe egizie.
Recensione di Alessio Aondio
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