Aspettavo con sincera trepidazione l’esordio sulla lunga distanza dei Blood Of Kings, dato che, il demo che mi era capitato di sentire, risalente a due anni or sono, brillava per coesione e chiarezza d’intenti, oltre ad essere chiaramente ispirato ad una delle band che più amo, i sempiterni Metal Church.
I punti di contatto con la prima incarnazione della Chiesa di Seattle sono molteplici, a cominciare dal fatto che anche il giovane trio in questione è di stanza nella piovosa metropoli Nord Occidentale, proseguendo con le vocals del frontman Nick Paul, debitrici dell’ugola di David Wayne (R.I.P.).
Mi trovo maggiormente ben disposto, in aggiunta alle già beneauguranti promesse, nel constatare che il trio americano si è accasato con una label italiana, la My Graveyard, solitamente orientata sull’underground locale, ma capace di strappi alle regole quando la qualità lo richiede.
Ebbene, i sette brani che compongono “Starvation”, sono altrettanti cazzotti alla bocca dello stomaco, nel segno di un cubico e spedito US Metal d’annata, che oltre al gruppo di Vanderhoof, cita i primi Metallica (impossibile non riconoscere similitudini tra il riff centrale di “Without Fear” e la storica “Escape” degli “una volta” Four Horsemen di Frisco!) arricchendoli con pregevoli armonizzazioni di chitarra.
Le mazzate alle quali siamo sottoposti per tutta la durata del dischetto, sono davvero snervanti, sin dall’incipit di “Flatline”, proseguendo con la title track o la più articolata “Heart For The Land”, unica canzone ripresa dal demo sopra citato.
Il terzetto in erba funziona a dovere sotto tutti i punti di vista, infatti, oltre a Nick Paul, va segnalato che la sezione ritmica dei Blood Of Kings è senza dubbio letale, infatti se Eric Jelsing si conferma “novello Kirk Arrington”, grazie allo stile asciutto ma terremotante, le quattro corde di Pete Yore doppiano ottimamente il lavoro delle casse di Eric, oltre ad irrobustire la sei corde di Nick.
Purtroppo, in tanta solidità e tripudio per i fruitori di Metallo a Stelle e Strisce, una mancanza c’è, alludo alla registrazione di “Starvation”, che se da una parte risulta genuinamente naturale, manca completamente di post produzione, rendendo gli strumenti certamente riconoscibili, ma un po’ impastati, relegando l’acida ugola di Mr. Paul in secondo piano.
Non vi tedierò oltre sulle considerazioni legate al sound di questo debutto, solo mi dispiace che, trattandosi di sangue reale, non si siano prese le doverose precauzioni per esaltarne la già efficace proposta. Ad ogni modo, basta smanettare un po’ con l’hi-fi per ovviare parzialmente a questo inconveniente che, se relazionato alle potenzialità espresse dai tre di Seattle, impallidisce fino a scomparire.
Promossi a pieni voti, anche se non perfetto, “Starvation” si imprime nella nostra testa come il bassorilievo di copertina, grazie a tutti i buonissimi fattori sopraelencati, mai lesinati lungo la durata del lavoro, in questo modo eviteremo l’ “Inedia” che gli dà il titolo, nutriti e rinvigoriti a dovere dalla botta vitaminica dei Blood Of Kings!
Recensione di Alessio Aondio
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