Il lasso di tempo più lungo mai trascorso tra una pietra e l’altra posata dai Sacred Steel (quasi quattro anni), vale ogni secondo atteso per il nuovo ed emozionante “The Bloodshed Summonig”.
Terminato il contratto con la Massacre, i cinque teutonici si accasano con la nostrana Cruz Del Sur, abile nell’accaparrarsi i servigi della più integerrima True Metal band degli ultimi quindici anni, riportando così nell’underground di qualità chi, da sempre, ne è stato portabandiera.
Se già con “Carnage Victory”, le liriche di Herr Mutz hanno riguardato argomenti più seri quali, tra gli altri, guerra e pedofilia ecclesiastica, con “T.B.S.”, il singer e mente della band, continua la sua crociata blasfema contro gli ipocriti dictat dell’establishment conosciuto come Chiesa.
“No God/No Religion”, “The Darkness Of Angels”, “Perversions Of The Scriptures” sono solo tre dei titoli più espliciti che testimoniano l’eterno rifiuto per l’imposizione di un culto, attualissimo ancora ai giorni nostri, da parte di quella che troppo spesso viene etichettata come “una band Power Metal come tante altre”.
Non nego che i Sacred Steel siano una delle realtà che preferisco e, senza dubbio, quella verso cui nutro maggiore stima, grazie naturalmente anche all’aspetto umano dei componenti stessi, ma, vero è che la loro peculiarità, soprattutto nel passato, è stata misconosciuta dal classico “ascoltatore della domenica” che, pungolato da titoli zeppi di “spade, sangue e metallo” ha puntualmente bollato l’act di Ludwigsburg come “niente di speciale”.
Che i diffidenti la smettano quindi di trattare con sufficienza i Sacred Steel e possano essere trafitti dal riffing Power/Thrash di “When The Siren Calls”, condotto con maestria dalla coppia Khalil/Sonnenberg, l’istrionismo di Gerrit che, col microfono riproduce la sua tipica timbrica nasale infarcendola di parti recitate (“Black Towers”) e passaggi al limite di un mefistofelico screaming ed infine dal catacombale basso di Kai Schindelar, che pulsa all’unisono con la magnifica prestazione di Mathias Straub (il tanto osannato Jörg Michael, che ha suonato su parecchi grandi album, non ha tuttavia nemmeno un briciolo della classe di Matze).
Sentendo e leggendo commenti sia sulla carta stampata che nel web, il più grande “scoglio” per il fruitore medio di sonorità Heavy nell’apprezzare gli ‘Steel è sempre stata la personalissima intonazione vocale di Mutz, il quale, come appena detto, ha ampliato lo spettro esecutivo, forse perché questo NON è un gruppo per “occasionali”, come, tanto per intenderci, giudico coloro che hanno apprezzato nefandezze quali Bayley nei Maiden, gli ultimi vent’anni di Metallica e, perché no, accettare che Deris possa sostituire degnamente Michael Kiske. Insomma, chi è offuscato dai più ingombranti monicker in ambito Metal, probabilmente non darà nemmeno una chance a “The Bloodhshed Summoning”, ennesima prova di totale superiorità ed indipendenza per i Sacred Steel.
Personalmente non mi interessa (eventualità impossibile) che i Sacred Steel diventino una realtà di massa, a loro meno ancora, dato che tutti e cinque hanno un lavoro “normale” nella vita quotidiana, quello che posso affermare senza timore di smentita è che l’ottava fatica in studio (la terza con la nuova line up) dei tedeschi, verrà consumata da chi, come me, ne ha sempre stimato le qualità.
Quindici brani nella versione cd (tre bonus, inclusa la spiazzante ma riuscita cover di “Dig Up Her Bones” dei Misfits), un’ora di Heavy/Power/Speed/Thrash (o semplicemente TRUE Metal) eseguito con stile, interpretato con passionale perizia e prodotto in modo impeccabile, incorniciato da un artwork tra l’orrorifico ed il fumettistico, niente di più e niente di meno.
Siamo solo a gennaio, ma il platter in questione si candida a Top Album del 2013, andate sul sicuro e aggregatevi all’adunanza sanguinosa, ce n’è anche per voi.
Recensione di Alessio Aondio
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