Così, in un batter d’occhio siamo gia arrivati alla conclusione della tetralogia del Devin Townsend Project, un’ennesima folle idea dell’ancor più folle musicista/produttore canadese poggiata su quattro studio-album dalla diversa struttura e e dal diverso concetto musicale. Abbiamo viaggiato negli abissi della mente disturbata del buon Devin con "Ki", lo abbiamo trovato divertito e rilassato con "Addicted", ci siamo fatti cullare dalle note di "Ghost" (il gemello del disco in questione) e per finire entreremo particolarmente incuriositi nel luna park di "Deconstruction", la conclusione di questo strambo percorso. Appena vi allaccerete ben strette le cinture sarete pronti per varcare le porte di questo contorto e intraducibile delirio schizoide musicale, uno specchio della vera anima dell’ex-Strapping Youg Lad come tutti lo conosciamo: fuori controllo, visionario, eclettico e probabilmente ancora sotto effetto delle sue vecchie droghe, fattori che in ogni caso gli hanno permesso di curare questo disco in ogni suo minimo dettaglio, a prova del fatto di quanto sia importante questa sua nuova opera per lui. Quando le cose vanno fatte in grande è il caso di chiamare dei rinforzi, ecco dunque una folta schiera di special guest di spicco come Mikael Akerfeldt (Opeth), Ihsahn (ex-Emperor, Ihsahn), Joe Duplantier (Gojira), Paul Masvidal (Cynic, ex-Death) e ancora Tommy Rogers (Between The Buried And Me), Greg Puciato (The Dillinger Escape Plan) e Fredrik Thordendal (Meshuggah). Ce ne sono poi altri ma il contributo fondamentale lo da il vero very special guest, l’orchestra di praga, infilata in praticamente ogni pezzo per ricreare un’atmosfera disturbante e caotica, veramente deviniana ma ancor più inquietante, una sorta di filo conduttore per una tracklist mai così eterogenea e compatta, costruita su di un incredibile mosaico di generi musicali all’apparenza inconciliabili tra di loro (un esempio lampante lo danno l’ottima "The Mighty Masturbator" e la visionaria "Planet Of The Apes") ma qui messi assieme senza alcuna forzatura e, cosa importante, senza nessun risultato indigesto. Sbilanciandoci potremmo pure dire che "Decontruction" è il lavoro più complesso mai prodotto da Devin, anni e anni di sperimentazione e di pubblicazioni camaleontiche con vari progetti hanno qui trovato un punto di arrivo definitivo, aiutati da quell’humor demenziale usato spesso in passato e reso famoso soprattutto da quell’assurdo "Ziltoid The Omniscient", una sorta di cugino concettuale di questo platter. Va digerito tutto in un boccone, come se fosse un unico pezzo in continuo crescendo, dalla pacata "Praise The Lowered" alla pesantissima "Poltergeist", una sorta di esperimento finale perfettamente riuscito dove vengono racchiusi tutti i punti cardine che vanno a caratterizzare questo visionario musicista, quasi come se, coscente che più di così non si possa fare, ci abbia dato un ultimo, grandioso assaggio di quello che è in grado di comporre anche senza i suoi tanto raclamati Strapping Young Lad, magari prima di imbarcarsi in un ennesimo ambizioso progetto completamente differente. Tra death/thrash, techno, progressive e musica atmosferica si conclude una saga che forse, se sapevamo sarebbe arrivata a questi strepitosi livelli, non avremmo così tanto criticato all’uscita del tranquillo "Ki", del resto decifrare la mente di questo folle è un tantino ambizioso, lui sicuramente ci ha preso ancora una volta alla sprovvita e si è fatto gioco di noi, ce lo siamo meritati.
Recensione di Thomas Ciapponi
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