Formula che vince non si cambia, ed ecco dunque che a tre anni di distanza dall’apprezatissimo omonimo debutto dei Blood Ceremony, la band canadese torna sulle scene con il secondo capitolo del proprio rituale musicale, "Living With The Ancients". In realtà in questa secondo lavoro percepiamo subito una certa maturità di fondo rispetto al suo predecessore: oltre ad un songwriting più curato è infatti evidente un’evoluzione del reparto strumentale di questi ragazzi, si tende dunque a dare ancora più spazio alle intense melodie di flauto della singer Alia, ben amalgamate con le ritmiche crepuscolari e alla stessa sua voce, lontana dal repertorio tecnico di certe illustri colleghe ma molto abile nel saper dare quel tocco in più d’atmosfera al concetto occulto della band. Particolare e coraggiosa è la scelta di abbandonate parzialmente quei numerosi richiami ai Black Sabbath del debutto, favoreggiando in diversi episodi un uso suggestivo dei suoni acustici delle chitarre e il prezioso apporto delle tastiere, come per esempio accade in "Morning Of The Magicians", pezzo articolato che si candida a miglior episodio del lotto, ma anche in altri come "Night Of Augury" o la conclusiva "Daughter Of The Sun", entrambe molto rilassanti e intrise di quell’atmosfera medievale diventata essenziale per la band, che si diverte ad accentuare nei vari intermezzi come "The Hermit" e "The Witch’s Dance". Gli amanti del lato più oscuro del suono non devono però spaventarsi, Sean Kennedy dimostra di saper essere un gran macinatore di riff (e di assoli) in pezzi più classici come "Coven Tree" e "Oliver Haddo", ma anche in parte nella opener "The Great God Pan", gran bell’episodio che parte come pezzo stoner per poi evolversi in un tappeto sonoro dipinto splendidamente dalle tastiere di Alia. Un plauso va fatto anche all’ottima produzione, votata ad accenture le forti melodie, e alla Rise Above di Lee Dorrian, abile nello scovare questa promettente e interessantissima formazione. I Blood Ceremony sono oramai diventati una vera e propria realtà, impossibile ignorarli e trattarli ancora come una semplice band da revival dei ’70, hanno preso piena confidenza con la propria musica e con il proprio concetto di gruppo musicale, l’evoluzione va dunque premiata e cosa importante, continuata.
Recensione di Thomas Ciapponi
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