Ecco che, dopo ben tre demo ed uno split in compagnia dei Violence Spread, i veneti H.O.S. (acronimo di Harvester Of Sorrow), esordiscono finalmente sulla lunga distanza, sotto l’egida della Punishment 18 Records, label più che mai orientata al Thrash made in italy (per essere riduttivi!).
Non tutto è perfetto in questo primo album, infatti “The Beginning” è sì pane per i denti di chi ama ad oltranza il Thrash anni ’80 (nello specifico quello di estrazione teutonica), grazie ai tempi tirati di Pedro, le vocals urlate a cura di Dado (anche chitarra ritmica) ma, purtroppo, le notizie positive si fermano qui...
Più ampiamente, se non vi sentite ancora satolli dopo le scorpacciate di “Endless Pain”, “Pleasure To Kill” e “Terrible Certainty”, per chi non lo sapesse i primi tre violentissimi capitoli della saga Kreator, allora non pensateci due volte nell’acquistare “The Beginning”, poiché il quartetto vicentino è ciò che più si avvicina a quelle sonorità, almeno nella nostra penisola, al contrario, mi duole sconsigliarvi di accostarvi alla proposta degli H.O.S.
Da parte loro, grazie anche ad un drumming efficace e quanto mai “collante” (clamorosi i Rototom stile Peso/Ventor!), riescono a farsi apprezzare pur senza mai stupire (ma credo che a loro freghi ben poco di questo aspetto!) ma, in certe soluzioni, vedi il 95% dei solos o licks di chitarra che dir si voglia presenti nel disco, totalmente da rivedere, i quali purtroppo spiccano per banalità e pressapochismo, somigliando più a diteggiature didattiche che alle taglienti sfuriate che necessiterebbero a “The Beginning”.
Mi dispiace davvero dover menare certi fendenti ad un giovane act underground che, certamente non senza gavetta, avrà raggiunto l’agognato full length ma, all’atto della recensione, va messa in conto anche la possibilità di dover scrivere cose che risultano spiacevoli, soprattutto per chi ha sudato su un determinato lavoro.
Segnalo in ogni caso almeno tre traccie che mi hanno colpito, la spedita “Fallout”, “No More Traitors” ed il suo anthemico refrain, oltre che all’ironica autocitazione di “We Are H.O.S.!”, senza per questo ritenerle dei capolavori, riescono comunque a scatenare del sano headbanging.
Per finire, fanatici della sacra triade (oltre che della miriade di “esclusi”) del Thrash germanico a parte, alle orecchie dei quali questo prodotto suonerà convincente, mi sento di sperare che gli H.O.S. rivedano alcuni aspetti del loro sound, mantenendo l’aggressività e l’attitudine mostrata in questi solchi ma, riuscendo a canalizzarla in tracce più compatte e meglio eseguite.
Recensione di Alessio Aondio
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