Chi leggerà questa recensione non avrà certo bisogno di conoscere la storia degli Atheist, passati da buona promessa a inventori di un genere fino a band sciolta e quasi dimenticata nel giro di 5 anni, quasi il triplo di quelli che ci son voluti per farli riunire e ben 17 per pubblicare il successore di "Elements", loro picco compositivo e sperimentale. Non è quindi una novità vedere "Jupiter" tra le uscite discografiche più attese dell'anno da parte dei death metal fans, bramosi dalla voglia di sentire finalmente della nuova musica da parte di una delle band seminali per eccellenza in campo estremo.Ma la domanda è, cosa aspettarsi dagli Atheist del 2010? Atheist tra l'atro dimezzati vista la presenza dei soli Kelly Shaefer e Steve Flynn della lineup originale, orfana di Rand Burkey e di Tony Choy, datosi alla fuga poco prima dell'inizio delle sessioni di registrazione, e rimpiazzati rispettivamente da Chris Baker e Jonathan Thompson, improvvisatosi bassista per l'occasione. Insomma benchè rimangano la mente e il tempo abbiamo perso per strada i fulcri, lo stile di "Jupiter" risulta quindi molto diverso da "Elements", andandosi ad accostare meglio a "Unquestionable Presence", mettendo in primo piano la tecnica e la raffinatezza strumentale piuttosto che la ricerca di soluzioni prog clamorose. Chi si aspetta un seguito del capolavoro datato 1993 è dunque avvisato di togliersi dalla testa queste pretese prima di iniziare l'ascolto, caratterizzato da produzione e suoni moderni che, a differenza di quasi 20 anni fa, mettono in luce il suono delle chitarre e della batteria, sacrificando le linee di basso di Thompson, un po meno avventuroso e ricercatore di Choy ma comunque autore di un lavoro egregio. A dare libero sfogo a questa nuova incarnazione troviamo subito tre tracce violente che racchiudono l'essenza di "Jupiter": "Second to Sun", molto ragionata e con continui ed improvvisi cambi di tempo, "Fictitious Glide", martellante ma con soluzioni tecniche sopra le righe e "Fraudulent Cloth", caratterizzata da un gran bel riff di fondo e tirata al massimo della potenza. Meno asaltante è "Live And Live Again", un po troppo sempliciotta e moscia per i canoni degli Atheist, che tornano a farsi con "Faux King Christ", melodica e incentrata sul lavoro delle chitarre, per poi ri-adagiarsi sugli allori con "Tortoise The Titan", non un brutto pezzo ma a nostro avviso troppo discontinuo. Ottima invece "When the Beast", dove la band mette da parte la velocità e si focalizza sulla tecnica old school che tanto ci piace, e dove un Kelly Shaefer ci regala una prova vocale che a differenza del resto del lotto non fa rimpiangere per niente i tempi che furono, anche se c'è da dire che le corde vocali le ha conservate piuttosto bene. Nel finale troviamo forse il brano più ruffiano e insensato della discografia dei floridiani, "Third Person", ovvero la rilettura di un qualsiasi pezzo NWOBHM in chiave Atheist, non di certo un modo dignitoso per chiudere un disco tutto sommato soddisfacente e positivo. La scelta è stata quella di comporre un album breve (32 minuti) e intenso, c'è da dire che dopo diversi ascolti risulta essere una pensata vincente, mantenendosi sui vecchi canoni di tempo e quindi puntare tutto su una grinta che nel 2010 è comunque ancora viva. "Jupiter" è dunque un buon album, non particolarmente ricercato e neanche pretenzioso come i suoi storici e immortali predecessori, che messi a suo confronto lo mandarebbero irrimediabilmente al KO tecnico, ciò non significa però che con i suoi otto brani, salvo qualche caduta in basso, mostra delle idee compositive buone, presentandosi come un disco di puro technical death metal vicino agli anni d'oro della sua storia ma aggiornato in chiave moderna, cosa che ci risulta non succedeva da molto tempo viste le troppe contaminazioni di sottogeneri "brutali" e fini a se stessi.
Recensione di Thomas Ciapponi
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