Trigger The Bloodshed è un nome che negli ultimi anni ha generato, nel bene o nel male, un certo parlare di sè all'interno della scena death europea. Nati come band più vicina a sonorità deathcore, questi ragazzi hanno poi abbandonato leggermente queste sponde per puntare sulla brutalità e un impatto sonoro più estremo, risultato ne è il precedente "The Great Depression", pubblicato appena un anno fa dalla Metal Blade, stessa label che cura la release del qui presente "Degenerate". Poco tempo dunque tra una release e l'altra, il fattore tempo non è cosa da sottovalutare ed è innegabile che le cose fatte di fretta raramente propongono un cambio di stile rispetto al prodotto appena messo sul mercato. Questo terzo capitolo pare non sia da meno, nonostante un ascolto tutto sommato piacevole e non troppo impegnativo, le brillanti proposte messe in campo sono davvero poche se non addirittura nulle, limitandosi a andare sul sicuro prendendo la formula abbastanza vincente del predecessore e rinnovarla. C'è da dire che un piccolo segno di ragionamento in più lo si riscontra, le ritmiche dei vari pezzi poggiano quasi tutte su dei midtempo micidiali e pesanti, in particolar modo la durata media dei minuti per canzone è più lunga rispetto che in passato, questo per concentrarsi sull'articolazione della parte centrale dei singoli, meno dispersivi che nei "vecchi" lavori. Da dimenticare sono invece le composizione omonime totalmente tirate e senza un minimo di dosaggio come "Hollow Prophecy " e "Until Kingdom Come", chiaro esempio che la fretta non appaga. Otto pezzi dunque di cui si stenterà in futuro a ricordarsene anche solo mezzo, questo per l'ancora poca esperienza e la vena compositiva acerba e non capace di lasciare il segno nonostante il buon impatto del primo ascolto. Di certo questo "Degenerate" non farà parlare di se a lungo, quindi è forse il caso per i Trigger The Bloodshed di prendersi un bel respiro e rimboccarsi le maniche per lavorare sodo, cercando di fare il salto di qualità che al terzo album tutti si aspetterebbero. Al quarto o dentro o fuori, staremo a vedere.
Recensione di Thomas Ciapponi
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