Una carriera decisamente prolifica è quella dei teutonici Dew-Scented, la band ha infatti collezionato 7 studio album, tutti accomunati dal titolo che inizia sempre con la lettera "I", "Invocation" è l'ottavo di questa lunga serie di pubblicazioni e ovviamente non stona da questa piccola curiosità. Per chi non conoscesse ancora questa formazione, leggermente sfortunata e che in più di 10 anni di carriera non ha di certo riscosso i favori che si meriterebbe, la matrice dominante è quella del thrash/death devoto ai soliti e intramontabili At The Gates, strizzando spesso e volentieri l'occhiolino all'anima thrash piuttosto che a quella death, del resto stiamo pur sempre parlando di un gruppo tedesco. Anche questa volta Leif Jensen e compagnia bella si presentano senza troppi pretesti e con una travolgente voglia di massacro sonoro per 46 minuti molto godibili, fedelissimi al trademark Dew-Scented e sempre di buon livello, in particolar modo nella doppia cassa furiosa e nei potenti riff di chitarra, diventati oramai sinonimo di garanzia. Come nel caso della precedente pubblicazione, "Incinerate", il disco parte con un'intro che fa da preludio a due botte sulle gengive, parliamo di "Arise From Deacy" e la titletrack stessa, brani-biglietti da visita che racchiudono tutta l'essenza della proposta. Dopo la monolitica "Have No Mercy On Us" ci pensa "Artificial Life " a movimentare un po la situazione, il pezzo vanta infatti di una buona prova tecnica, nel suo lento incedere viene addobbata alla grande da ottimi assoli e cambi di tempo centrati alla grande, una sorta di gemella di "Perdition For All" del gia citato precedente disco. Dopo la strumentale "Totem" a fare da padrona è ancora la violenza con "Torn To Shreds", massacrante nelle sue ripartenze, e "A Critical Mass", più ragionata ma splendida a livello di impatto live. Nel finale c'è poi spazio per la cavalcata di "Global Hysteria" e lo sfogo liberatorio di "Slaves Of Consent ", altro episodio fedelissimo all'anima della band. Forte di una gran bella copertina, che per chi la conoscesse ricorda il succo della "purga" di Lost, "Invocation" è quindi l'ennesima minestra riscaldata per una formazione che ha trovato in questa sonorità il suo punto forte, del resto la minestra rimane buona se riscaldata a puntino.
Recensione di Thomas Ciapponi
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