La situazione in casa Fear Factory la conosciamo un po tutti, poco ci manca a farla diventare una telenovela in stile Beautiful, non mi soffermerò dunque a rinfrescare le menti degli sbadati che ancora non si sono accorti del terremoto in formazione della storica band losangelina, anche perchè sfido chiunque a trovarne. Dunque con Herrera e Wolbers fuori dai giochi, torna a dirigere la giostra assieme a Bell il chitarrista Dino Cazares, da sempre riconosciuto come principale compositore dei classiconi degli oramai lontani '90, accompagnato da un'entrata a sorpresa del maestro Gene Hoglan, che non ha di certo bisogno di presentazioni. Dunque una line-up che sulla carta non dovrebbe avere alcun problema a comporre un disco fresco e degno di abissare lo scadente "Transgression". Sulla carta, gia perchè realmente "Mechanize" è un album dai mille punti interrogativi. Tanto per cominciare c'è da dire che nonostante tutto i ragazzi sono tornati a picchiare, e c'era da aspettarselo con uno come Hoglan in formazione, capace di non far rimpiangere a nessuno l'assenza di Herrera. Il vero problema risiede proprio nella tracklist in sè, e ovviamente nelle strutture dei 10 pezzi presenti, un ritorno ai giustamente osannati "Demanufacture" e "Obsolete" è praticamente da dimenticare, c'è la tecnica, c'è la voce di Bell in formissima, ma la freddezza inumana del concetto uomo vs macchina che delineava quei capolavori qui è lontana anni luce, basando praticamente tutte le composizioni su degli uptempo groovy che sulla lunga risultano ripetitivi e vuoti. Tutto questo viene astutamente mascherato con una produzione stellare in grado di ipnotizzare un orecchio esaltato dal ritorno della band, il primo ascolto infatti è tutto sommato positivo, col tempo arrivano però le note dolenti, a inizare dalla hit "Fear Campaign", costruita più su uno stile Strapping Youg Lad (ma di serie B ovviamente), cose forse normale se calcoliamo che i 2/4 dei FF provengono dalla ex band di Townsend. "Christploitation" e "Oxidizer" sono altri due episodi da dimenticare, completamente anonimi e insensati, cosi come la strumentale "Metallic Division", che apparentemente non ha alcuna utilità. C'è però del buono anche in mezzo a una bufera, spiccano cosi episodi semplici ma comunque trascinanti come "Industrial Disciplice" e "Powershifter", vere e proprie mazzate dove Bell da una grande dimostrazione del suo buon stato di forma, con delle clean vocals da urlo. Sulla stessa linea troviamo "Controlled Demolition", che siamo certi non mancherà in sede live, "Designing the Enemy" vanta invece di un chorus grandioso dove il frontman continua su alti livelli di espressività e rabbia, mentre nel finale troviamo la migliore traccia del lotto, ovvero "Final Exit", la classica lunga conclusione evocativa ben strutturata sulla coppia Cazares-Bell.
Mezza delusione quini, si è vero ci sono momenti di musica veramente gradevoli, ma la sensazione è quella che ci si dimenticherà presto di "Mechanize", disco piacevole al primo impatto ma che sulla lunga diventa noioso e ripetitivo, in fin dei conti parliamo di un semplice lavoro thrash/groove che si è praticamente dimenticato dell'anima industrial del passato. Non stupitevi se tra qualche tempo lo troverete sulla mensola coperto di polvere.
Recensione di Thomas Ciapponi
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