Se l'industrial metal era partito come un genere diverso e che non tutti avevano il coraggio e la capacità di fare, ora si è mutato in un movimento modaiolo che attira giovani in cerca di fama e palchi da calcare, facendo delle programmazioni elettroniche un mezzo per fare breccia nei cuori di chi non ha ancora ben capito il significato della musica. Gli svizzeri Sybreed guardacaso fanno parte di questa "nuova ondata", forti di un contratto con la Listenable Records arrivano alla pubblicazione di un disco che emana tanto fumo e poco arrosto, "The Pulse of Awakening" è il loro lasciapassare per i palchi europei, per ora a supporto degli In Flames e in futuro staremo a vedere. L'effetto sorpresa non è di certo il punto forte della band, che ci presenta infatti una tracklist composta da 12 brani noiosi e alla lunga abbastanza ripetitivi che vanno a tributare qua e la gli stessi svedesi di "Soundtrack" e in più passaggi i rinominati Fear Factory, soprattutto per quanto riguarda le ritmiche di batteria. Insomma non si tratta altro che di una tribute band che gioca a destreggiarsi tra melodie invisibili e effetti elettronici scadenti, aggiungamoci la voce del singer Ben, che a tratti si lascia andare in uno scream b-side, e l'obbiettivo di arrivare a fine ascolto risulta un'impresa disperata. Inutile soffermarsi concretamente sulla struttura dei singoli brani, anche se qualche risata fa sempre bene, e in "I Am Ultraviolence" dove la band gioca a fare gli Strapping Young Lad se ne fanno veramente tante. Siccome non mi piace solo criticare le band che se lo meritano cerco di vederne anche i lati positivi, "In the Cold Light" è un downtempo tutto sommato piacevole dove a mio avviso la band farebbe meglio a concentrarsi e tentare di svilupparne qualcosa per il futuro. Il resto è cenere che non merita di essere sparsa.
Se i Sybreed cercavano un posto come cagnolini di formazioni ben più famose e meritevoli lo hanno trovato, se al contrario erano alla ricerca una propria identità la strada è ancora lunga, tuttavia sono sempre aperto all'ascolto e se in futuro questa band saprà partorire un disco degno di nota sarò il primo a riconoscerlo, per ora resta solo la certezza di essere davanti a un ennesimo scarto di idee musicali di chi la musica, e più precisamente quella industrial, la sa davvero fare.
Recensione di Thomas Ciapponi
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