“Whitewater”, acqua bianca, tanto basterebbe a descrivere quest’opera del California Guitar Trio, un suono bianco, pulito, cristallino, incontaminato, prodotto da tre chitarre acustiche suonate da tre straordinari artisti (il giapponese Hideyo Moriya, lo statunitense Paul Richards e il belga Bert Lams) che danno vita ad un album in cui convivono jazz, rock, blues, country, uniti da un unico grande filo che consiste nella loro eccezionale capacità esecutiva. Recentemente mi è capitato di ascoltare band unicamente strumentali, dalla tecnica sopraffina, in grado di suonare brani complicatissimi ma fini a sé stessi, praticamente senza significato, incapaci di trasmettere alcuna sensazione, beh questo non è il caso del California Guitar Trio, qui siamo dinnanzi ad emozione pura. Ogni brano eseguito in quest’album trasmette una sensazione diversa, probabilmente ad ogni diversa persona che lo ascolta, il titolo è solo il punto di partenza che i compositori ci hanno voluto donare per interpretare le loro note, il resto spetta all’ascoltatore, senza restrizioni di alcun genere. Dal punto di vista della struttura delle canzoni, le chitarre creano tutto ciò che serve per fare della buona musica, sostituendo in alcune occasioni i loro suoni a quelli degli altri strumenti, come nel caso di una batteria, per esempio; nella maggior parte delle canzoni però siamo in presenza di una chitarra che crea un arpeggio di base mentre le altre due armonizzate danno vita alla melodia vera e propria; in altre occasioni le chitarre che si occupano della base sono due, con una solista che esegue la parte per così dire della “voce”. I suoni utilizzati sono praticamente solo quelli prodotti da chitarre acustiche, senza manipolazioni di sorta se non in alcuni casi in cui viene utilizzata una leggera distorsione in overdrive.
I brani presenti nell’album, dalla durata media attorno ai tre minuti e mezzo, sono delle composizioni che a guardar bene avrebbero poco a che spartirsi l’una con l’altra, ma che non stonano una volta messe in relazione, in quanto questa è la sfida che il California Guitar Trio ha voluto intraprendere, vincendo alla grande, facendoci capire che non esiste nulla che non possano eseguire musicalmente. Così, mentre ascoltiamo il loro cd, ci imbattiamo in tracce come “The marsh” che apre l’album, brano dal doppio volto, con arpeggi malinconici in apertura e chiusura, ma con una parte centrale di assoli spensierati, che trasmettono energia positiva; in “Cantharis” invece, i tre danno prova della loro tecnica con uno splendido assolo iniziale, mentre nella successiva “Cosmo Calypso” ci trasportano nientemeno che ai Carabi, con un allegro motivo che riprende le sonorità e le melodie tipiche dei paesi tropicali. Nella title track le chitarre si fanno più aggressive, i riff presenti sono decisamente rock, da qui in poi l’album prende una piega verso sonorità più dure, (in “Led Foot e “Red Iguana sono presenti le uniche parti in cui la chitarra è distorta), fino ad arrivare alla “perla” dell’intero cd, “Ghost Riders on the Storm”, brano di chiusura in puro stile “Far West”, che poco ha da invidiare alle colonne sonore di Ennio Morricone nei mitici film di Sergio Leone.
Il trio, nato nel 1990, ha subito riscosso grande successo nei piccoli club e nei locali californiani in cui si esibiva, giungendo ad attirare su di sè l’attenzione di tutta la West Coast, il che ha portato alla pubblicazione del loro primo album, “Yamanashi Blues” nel 1993, a cui hanno seguito “Invitation” nel 1995, “Pathways” nel 1998, “Live at the Key Club” nel 2001, “CG3+2” nel 2002 e “Whitewater”, appunto, nel 2004; l’attività principale del California Guitar Trio rimane comunque quella “on stage”, durante la quale ultimamente sono stati affiancati da altri strumenti: basso, sassofono, batteria e percussioni, dando vita a spettacoli veramente unici. Il loro punto di forza è la capacità di riuscire a trasmettere emozioni tramite la loro musica, creata da tre sole chitarre, ed in questo, a dire il vero, riescono meglio di moltissimi altri gruppi che contano al loro interno anche quattro diversi strumenti, voce esclusa, naturalmente.
Recensione di Diego Benetti
Siamo alla ricerca di un nuovo addetto per la sezione DEMO, gli interessati possono contattare lo staff di Holy Metal, nel frattempo la sezione demo rimane temporaneamente chiusa.