E’ stata una vera fortuna imbattermi in questo album degli Augury, band attiva dal 2001 e con alle spalle solo il disco d’esordio “Concealed”, che ci presentò una band fresca e piena di idee. Che la scena estrema canadese fosse una delle più prolifiche e originali del panorama si sapeva, basti pensare a nomi storici come Voivod, Annihilator, Cryptopsy e tanti altri, ma che a inizio secolo, quando oramai quasi tutto è stato detto in ogni fascia metal, ci troviamo davanti una formazione del genere allora c’è proprio da stupirsi, e ovviamente da ascoltare attentamente la proposta in questione.
Ricordiamo che questi ragazzi di Montreal si erano fatti conoscere per la loro tecnica e bravura smisurata nel mescolare assieme diverse interpretazioni del death metal, da quello più massacrante ma intelligente dei gia citati Crypropsy e degli Origin, a quello più lavorato degli Opeth, per passare anche a virtuosismi tecnici di gente come gli Atheist. Insomma per chi sa apprezzare tutti questi rami non troverà certo difficoltà a inserire gli Augury tra le sue band preferite.
Bene, dunque questo nuovo “Fragmentary Evidence” è il degno successore di quel discorso iniziato 5 anni fa, bisogna certo dire, complice magari anche la produzione più pulita e senza sbavature, che il materiale in questione risulta più lavorato e scandito del suo predecessore, se prima infatti buona parte del prodotto era composta da sfuriate brutali ultra tecniche, qui si fa molta leva anche sui momenti di calma, farciti da assoli di chitarra in grado si sprigionare sensazioni di tranquillità immensa, e dai giri di basso perfetti di Dominic Lapointe, gia al lavoro con i Quo Vadis. Con ciò non si deve di certo pensare che i nostri si siano ammorbiditi, anzi, i momenti di collera sono diventati ulteriormente riusciti, mettendo il bella mostra il bagaglio tecnico dai musicisti, non è da tutti buttare fuori brani così complessi come “Aetheral” o la stupenda “Jupiter To Ignite”, a parere mio la traccia più riuscita del lotto, un’alternanza di sensazioni benevole e stacchi micidiali spaccacranio, il tutto condito da una base di basso degna di maestri storici del technical death, chi ha parlato di DiGiorgio?
Quando si fa una recensione di un gruppo del genere, non si sa mai se dire troppo o troppo poco, io per ora mi fermo qui, consigliando il disco a chi non ha le orecchie tappate e ama questo tipo di musica imprevedibile e mai banale, gli altri bhè….gli altri non sanno cosa si perdono.
Recensione di Thomas Ciapponi
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