Nel 2006 tornano i padrini del Guttural / slam metal Devourment, che con “Butcher the Weak” danno un seguito all’osannato primo disco Molesting The Decapitated (da molti considerato capostipite di un genere)
Sono passati quasi 6 anni e i macellai di Dallas sembrano non essersi mai fermati in questo periodo: perché nel nuovo disco, sin dalla titletrack ci troviamo schiacciati dalle solite vecchie chitarre ultra sature e ribassate, suoni di batteria a “mitraglia” e la voce, o meglio il marcio gurgling di Mike che si diverte a descrivere sgozzamenti e stupri di varia natura.
La prima cosa che balza all’orecchio è la strana produzione: infatti per l’intera durata del disco la batteria, ed in particolare il rullante, risulta registrata con un volume che sovrasta tutti gli altri strumenti ed in più con una scelta di suoni “secchi” che a mio parere mal si sposano con l’idea di marcio e grasso che il lavoro dovrebbe trasmettere.
Inoltre il buon livello tecnico della band in questo giro sembra non essere capace di sopperire a una palese difficoltà dal punto di vista del songwriting: certo, non possiamo e non vogliamo pretendere grandi spunti di originalità in questo genere, ma è doveroso far notare che in questo (s)platter manca veramente mordente. Le canzone sono tutte dei pugni nello stomaco, niente da dire, ma sembrano anche dei treni che viaggiano su rotaie troppo dritte e sicure, senza che l’ascoltatore venga realmente coinvolto dai pezzi: batteria come detto in primo piano, assassini blast beat, il giusto spirito underground tipico dei Devourment ma…manca un ingrediente fondamentale, necessario per poter giudicare in manierà positiva un lavoro del genere: il groove.
Quel feeling marcio e potente che in passato era il punto di forza della Band, sembra essersi perso in questi 10 prove fatte quasi con lo stampino.
Certo, è Guttural death, nessuno si aspetta assoli o chissà quali novità, ma sinceramente è troppo poco per questi americani.
Perché per suonare un certo tipo di musica e risultare convincenti e non noiosi, occorre creare il giusto feeling per cercare di tenere alta l’attenzione di chi ascolta. La lezione in apparenza semplice, risulta difficile però da assimilare completamente, poiché i pezzi si basano tutti sugli stessi tempi tirati e conditi da break che, in teoria, dovrebbero spezzare il collo ma che in realtà sono prevedibili e mal inseriti nel contesto del pezzo stesso.
Unica nota degna di nota (forse soltanto una curiosità tecnica) è il cantato ultra gutturale, eseguito con la tecnica che molti gruppi simili stanno utilizzando, ovvero “aspirando” l’aria per produrre il suono anziché espirando.
Ma non è certamente questa piccola nota tecnica e nemmeno i testi porno-gore trademark del quartetto texano (ormai ttitoli come “Masturbating at the Slab” o “Fuck Her Head Off” non fanno più neanche sorridere..) a risollevare le sorti di questo lavoro.
Bocciati, che nessuno me ne voglia ma non mi sento di consigliare “Butcher the Weak”, nemmeno ai fan più accaniti di questo tipo di estremismo sonono.
Adesso torno a risentirmi i Guttural Secret, perché comunque in giro c è ancora gente che sa suonare un marcio e divertente slam metal come si deve…
Recensione di Manuel Molteni
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