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recensione

Per me, è da una parte semplicissimo recensire un album dei Judas Priest, mandando a memoria le precedenti release e decretandoli senza dubbio la miglior band Heavy Metal che sia mai apparsa sul globo; ma dall'altro lato molto difficile giudicare un disco di questo tipo, ovvero un concept della durata di 103 minuti circa, per di più sulla vita di Nostradamus, profeta del 1500, circostanze che obbligatoriamente anticipano il fatto che il cd in questione, non potrà mai essere diretto e digeribile, contrariamente a quanto ci hanno abituati i Priest, da 30 anni a questa parte. In più occasioni, ascoltando per intero l'album, si ha l'impressione che i nostri eroi abbiano fatto il passo più lungo della gamba, nel senso di aver realizzato un lavoro a tratti ridondante e pomposo, merito (o colpa?) del massiccio utilizzo delle tastiere da parte dello special guest Don Airey, oppure solamente perchè tra le 23 canzoni totali, ben 9 sono intro/intermezzi, buoni soltanto per la causa del concept, ma che inficiano la già difficile fruibilità di "Nostradamus". Dopo questa lunga premessa, è d'obbligo dire che, come al solito, non mancano le belle canzoni, quindi va citata "The prophecy", già suonata on stage ai festival estivi, oppure, sempre dal primo disco, "Pestilence and plague", con il ritornello cantato addirittura in italiano (Rob Halford riesce a dare una scossa anche alla nostra fonetica!!!), o ancora "Persecution", brani che si lasciano apprezzare appunto per il loro piglio classico e battagliero.
Non vanno dimenticate purtroppo nemmeno le canzoni noiose e veramente inutili in ottica apprezzabilità, mi piange il cuore ma è così, quindi dopo i primi ascolti, sfido chiunque a non skippare brani come "War", che vanno ad appesantire ulteriormente un lavoro già difficile da comprendere.
Passando alla seconda parte dell'opera, anche qui, persa tra canzoni scriteriatamente mosce e dilatate, si nasconde la vera anima del Prete d'albione, vedi la title track "Nostradamus" che per un attimo ci fa sembrare di essere al cospetto di una "Hell patrol" part 2, con i classici riffs tirati dell'accoppiata Tipton/Downing e la doppia cassa del fedele Scott Travis, scandite dalle acide strofe del "Metal god".
Diciamo che ai Priest mancava l'esperienza di un concept album, bene ora l'hanno affrontata, con risultati alterni per la verità, ma del resto anche "Turbo", quando uscì nell' '86, fu bistrattato oltremodo, a causa del cambio di stile, che li rese per così dire "commerciali" agli occhi degli oltranzisti. Non vi tedierò oltre, poichè già ne avrete modo, se deciderete di accostarvi alla nuova opera dei Judas, quindi concludo sottolineando che, il voto a piè di pagina è, chiaramente in scala Judas Priest, quindi varrebbe molto di più se rapportato a qualsiasi altra band, tale e tanta importanza che do al quintetto di Birminghan, senza contare che, dalla Metal band preferita ci si aspetta sempre il meglio, consapevoli del fatto che fare meglio degli innumerevoli capolavori targati J.P. è praticamente impossibile...

Tracklist:
Disc 1:
01. Dawn Of Creation
02. Prophecy
03. Awakening
04. Revelations
05. The Four Horsemen
06. War
07. Sands Of Time
08. Pestilence And Plague
09. Death
10. Peace
11. Conquest
12. Lost Love
13. Persecution

Recensione di Alessio Aondio

tracklist

1. Disc 2:
2. Solitude
3. Exiled
4. Alone
5. Shadows in the flame
6. Visions
7. Hope
8. New beginnings
9. Calm before the storm
10. Nostradamus
11. Future of mankind