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recensione

Quando la gente mi dice che la scena underground è morta rimango abbastanza titubante, la prima risposta che mi verrebbe da dire è “non spariamo cavolate per piacere” ma riflettendoci a che serve rispondere cosi se poi non si hanno delle prove ben valide? Ed è allora che per zittire queste persone bisogna piazzargli davanti agli occhi album di gruppi come i Burning Black.
Vedere che ci sono ancora musicisti che se ne infischiano delle critiche sulla loro quasi totale innovazione e sulla loro poco originalità mi fa soltanto piacere, è questo infatti il loro caso. Direttamente da Treviso arrivano questi cinque ragazzi subito notati dalla Sweet Poison che hanno un solo obbiettivo, ovvero dimostrare quanto il loro legame alla vecchia scuola ’80 sia forte e saldo e non potevano farlo in maniera migliore se non con questo “Prisoners Of Steel” sul quale in realtà non c’è molto da dire. Ci troviamo di fronte a uno di quegli album che bisogna solo ascoltarlo e divertirsi mentre i suoi pezzi entrano nelle nostre orecchie, Marco Maffeis sa cosa vuol dire questo e ha ben pensato di regalarci una prestazione alle sei corde che non si scorda facilmente, caricando gli altri membri della band che omaggiano con tutta la loro passione mostri del passato come “Judas Priest” o i tedeschi “Accept” con assoli classici del genere e altrettanti riff che vi faranno fare un tuffo nel passato.
Se questa è la premessa dei Burning Black allora accogliamola con braccia aperte e sosteniamo chi non si è ancora arreso all’idea che l’heavy ’80 sia in via di estinzione.

Recensione di Thomas Ciapponi

tracklist

1. Hell is now
2. Angel of war
3. Angry machine of love
4. Smell the fire
5. Fight to dream
6. No more heroes
7. Heavy Metal
8. Life passengers
9. Without waiting...
10. Without fear
11. Prisoners of steel